Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







sabato 13 febbraio 2010

DIZIONARIO ARTURIANO



ARTÙ (Arthur). Il suo nome deve essere accostato a quello dell’orso delle [→] lingue celtiche: gallico ARTOS, gallese arth, irlandese art. Per i Celti l’orso era un simbolo regale.
In GILDA, De excidio Britanniae, XXXII [→ TESTIMONIANZE SCRITTE], si menziona «il carro della fortezza di Orso» (currus receptaculi Ursi): si può ipotizzare in questo caso che il nome latino Ursus sia la traduzione del celtico ARTOS, un nome dunque adatto a un [→] re, a un capo. Le forme latine Artorius, Arturius, Arturus (sulla base delle quali alcuni studiosi han pensato ad un’origine latina del nome di Artù) sono da ritenersi piuttosto una derivazione da o un’associazione per omofonia [uguaglianza di suoni] con il celtico ARTOS.
In effetti, da un’arca funeraria rinvenuta a Stobrez (Dalmazia) è attestata, per il periodo dell’imperatore Commodo (180-193), la presenza in Britannia del praefectus LUCIUS ARTORIUS CASTUS, comandante della legione VI Victrix di stanza a York. C’è chi sostiene che il ricordo del comandante Artorius da parte dei soldati in Britannia, l’omofonia del nome con quello celtico dell’orso e la possibile esistenza di uno (o qualche) omonimo capo britanno nel V-VI secolo, abbiano dato origine alla tradizione orale della leggenda arturiana.
In realtà, che un personaggio storico di nome Arthur o simile sia esistito in quei secoli è cosa che attualmente non può essere né smentita né dimostrata con prove certe e indiscutibili. Ma in fondo l’Artù della leggenda, di cui si narra nella «letteratura arturiana», ha ben poco del personaggio storico.

AVALLON (Avalon; gallico Aballo; gallese Ynys [Isola] Afallach). È una localizzazione [→] brittonica dell’Altro Mondo celtico. Il nome deriva da quello della mela (gallese afal, bretone aval), frutto che dà la conoscenza (e l’immortalità).
Secondo Goffredo di Monmouth [→ TESTIMONIANZE SCRITTE], nell’Insula Avallonis (“Isola delle Mele”) vivono [→] Morgana (non ancora ritenuta la sorellastra di Artù) e le sue otto sorelle. In quella mitica isola è stata forgiata la spada di Artù; e lo stesso eroe, rimasto ferito mortalmente alla battaglia di Camlann, vi viene condotto per essere curato.
Si ricorda che il termine «isola» può essere inteso non solo come «luogo circondato d’acqua», ma anche come «luogo di difficile accesso». [→ GLASTONBURY]

BLEISE (Blaise). Confessore della madre di Merlino; eremita, maestro di Merlino. Il suo nome è stato collegato a quello del narratore gallese Bleheris (forma latina Bledhericus). Non si può comunque escludere un’associazione con il termine gallese bleidd, blaidd, “lupo”.

BRITTONICO. «Degli antichi Brittónes» [Britanni dell’Antichità e dell’Alto Medioevo, abitanti della Bretagna insulare («Bretoni insulari») e successivamente di quella peninsulare («Bretoni»)], ma soprattutto «relativo alle lingue e letterature del Galles, della Cornovaglia britannica e della Bretagna Armoricana (o peninsulare)».
Una parte dei Britanni nei secoli IV-VI emigrarono a più riprese nell’attuale Bretagna peninsulare («Piccola Bretagna»). Da tali insediamenti la penisola, che si chiamava anticamente Ar(e)morica [toponimo gallico significante "(paese) davanti/presso il mare"], prese il nome di Britannia > Bretagna (e anche Brittia, da cui proviene Breizh, il nome bretone della Bretagna); e gli abitanti si chiamarono Brètoni.

CINGHIALE. Simbolo sacerdotale.

DRUIDI. "I sapientissimi" (da *dru-uid-es). Sacerdoti degli antichi Celti. [→ TRIPARTIZIONE FUNZIONALE]

ECTOR (Hector, Antor, Auctor). Padre di Kei e padre adottivo di Artù.

EMBLEMI. Nei racconti arturiani compaiono alcuni cavalieri dagli emblemi monocromi. In genere, il nero di armi e stemmi sta ad indicare che il cavaliere vuole nascondere la propria identità; il rosso è proprio di chi ha cattive intenzioni; il verde è associato ad un comportamento focoso; il bianco è segno di amicizia, il blu di lealtà e coraggio."Kaledvoulc'h" – Copyright Erwan Seure Le Bihan

EXCALIBUR (Escalibor e, nell’Historia Regum Britanniae di GOFFREDO DI MONMOUTH, Caliburn). È la spada di re Artù; il suo nome è presente nel Mabinogi nella forma gallese Caledfwlch, che significa "(dal) duro taglio" (calet + bwlch; corrispettivo irlandese: caladbolg, pure nome di spada).
Non si tratta della spada estratta dalla roccia (o dall’incudine), bensì di una spada forgiata nell’Altro Mondo (al quale ritornerà dopo la scomparsa di Artù, come vien narrato in alcuni racconti). [→ TALISMANI]

GALAAD (Galahad). Figlio di Lancillotto e della figlia del re [→] Pellès. La sua purezza di costumi gli consentì di portare il Graal a Sarras in compagnia di Perceval e di Bohort, com’è narrato nella Queste del Saint Graal («Ricerca del Santo Graal»).

GALVANO (Walwanus, Gauvain, inglese Gawain; forma gallese: Gwalchmai, "falco di maggio"). Nipote di Artù.

GINEVRA (Gwenhwyfar, Ganhumara, Guenevere, Guenièvre). Il suo nome gallese, Gwenhwyfar, significa "Bianco Fantasma", e corrisponde all’irlandese Findabair < findshiabhar (medesimo significato), nome della figlia della regina del Connaught, Medb.
Nella regina Ginevra si può riconoscere la «personificazione» della sovranità, qual è rappresentata, nell’ambito irlandese, dalla stessa regina Medb.

GLASTONBURY. Cittadina del Somerset, ritenuta da alcuni l’Avallon della leggenda.
Il suo nome va collegato a *glaston, nome celtico del "guado" [pianta erbacea tintoria e colorante turchino che se ne ricava da foglie e radici – in latino il guado era detto vitrum (da cui «vetro») e glastum]: in antico gallese, secondo la Vita di san Gilda, attribuita a Caradoc di Llancarvan, Glastonbury era chiamata Ynis-gutrin, "l’isola di vetro"; in alcune attestazioni dell’VIII secolo: Glastingaea (704), "isola della gente di Glaston" e Glastingbury (725), "fortezza della gente che vive a Glaston". Il toponimo celtico Glaston potrebbe significare "luogo del guado" (cfr. A. D. MILLS, English Place-Names, Oxford 1993, p. 144).

GRAAL. «Vaso misterioso che contiene il sangue del Cristo e che soltanto un cavaliere puro e senza macchia può ritrovare allo scopo di liberare il regno di Bretagna dagli incantesimi e dalla sterilità.»
È la «coppa di sovranità» (contenente una bevanda inebriante), equivalente simbolico del calderone del dio-druido Dagda dei racconti mitologici irlandesi. È un simbolo di sovranità, e al tempo stesso d’abbondanza, o addirittura di resurrezione.
Il nome del Graal è romanzo (forse dal latino gradalis, dal latino popolare *cratalis). «Rappresenta il passaggio al cristianesimo e al Cristo Re della sovranità celtica».
Il solo testo in lingua celtica menzionante in qualche modo il Graal, o piuttosto il suo antenato, è la storia di Peredur figlio di Evrawc: «[…] entrarono due fanciulle portando in mezzo un gran vassoio sul quale giaceva una testa immersa nel sangue» [J. LOTH, Les Mabinogion, II, pp. 64-5]. [→ Mabinogi]
Il tema della «ricerca del Graal» appare per la prima volta nel Perceval di CHRESTIEN DE TROYES (1181).

IVANO (Yvain; gallese Owein). Figlio di Urien; nipote di Artù.

KAY (Kei, Keu, Cai, Cei, Cayous). È il fratello di latte e il siniscalco di Artù nei racconti arturiani. Nel [→] Mabinogi si chiama Cei fab Cynyr ("Cei figlio di Cynyr") ed è un eroe dalle doti soprannaturali. Non si conosce l’origine etimologica del suo nome.

LANCILLOTTO (Lancelot; medio tedesco Lanzelet). Nome probabilmente di origine romanza, costituito forse dall’articolo definito francese (l’) e da una forma diminutiva antico-francese (cfr. ancele, "ancella"): "il piccolo servitore".
Il tema degli amori fra Lancillotto e Ginevra appare per la prima volta ne Le Chevalier à la charrette («Il Cavaliere della carretta») di CHRESTIEN DE TROYES (1170-80 circa).

LINGUE CELTICHE
Il celtico dell’antichità è innanzi tutto il gallico, lingua parlata nelle Gallie ed estintasi alla fine del V secolo (il gallico appartiene tipologicamente al gruppo delle lingue celtiche del «ramo brittonico»).
Le lingue celtiche moderne/attuali si dividono in:
• ramo goidelico: irlandese (gaelico d’Irlanda), gaelico (o erse, gaelico parlato in Scozia e nelle Isole Ebridi), mannese (manx – estinto, si parlava nell’Isola di Man);
• ramo brittonico: gallese (o cimrico), cornico (estinto, si parlava nella Cornovaglia britannica), bretone (parlato nella Bretagna peninsulare). [→ BRITTONICO]
Cronologia:
Irlandese antico: VIII-XI sec.; medio: XI-XV sec.; moderno: XVI sec.-;
Gallese antico: IX-XI sec.; medio: XII-XVI sec.; moderno: XVII sec.-;
Bretone antico: VII-XI sec. (o VI-XI sec.); medio: XII sec.- fine del XVII sec.; moderno: fine XVII sec.- (premoderno: fine XVII-fine XIX sec.).

MABINOGI (MABINOGION)
Si adopera il plurale Mabinogion per designare l’insieme dei «Quattro Rami» del Mabinogi, vale a dire i racconti gallesi medievali che costituiscono il «ciclo mitologico» brittonico (i cui testi risalgono al XII, se non all’XI secolo): Mabinogi di Pwyll, principe di Dyfed; M. di Branwen, figlia di Llyr; M. di Manawyddan, figlio di Llyr; M. di Math, figlio di Mathonwy.
Mabinogion è molto probabilmente una interpretazione errata da parte degli esegeti moderni, sulla base del plurale medio gallese Mabynnogyon che appare alla fine del Mabinogi di Pwyll — mentre negli altri Rami «si trova la formula iniziale o finale: “Ecco il Secondo (Terzo, Quarto) Ramo del Mabinogi”».
Più che dipendere da un gallese mabinog, ‘discepolo’ o ‘apprendista bardo’, con evidente riferimento all’apprendimento orale da parte dei poeti di corte (teoria priva di solide basi), Mabinogi potrebbe risalire al nome comune mabinogi che nel Medioevo veniva usato col valore di ‘prodezze d’infanzia’, ‘imprese giovanili’ di un eroe. Secondo Ifor Williams, perciò, Mabinogi dovrebbe riferirsi alle «prodezze d’infanzia» di Pridery, narrate nei primi tre Rami, cui successivamente venne aggiunto il Quarto Ramo. Ma a ciò si oppone il fatto che i Quattro Rami siano chiamati semplicemente Mabinogi, e non Mabinogi Pryderi.
Eric Hamp ha invece «supposto che Mabinogi fosse il nome della leggenda di Mabon — restituendo Mabyniogi, da *maponiāka», termine che potrebbe significare ‘le avventure di Maponos’, personaggio divino che per W. J. Gruffydd equivarrebbe, sul piano mitologico, a Pryderi, e che, come Mabon («una sorta di semidio»), è assente dai «Quattro Rami» ma compare nel racconto Kulhwch e Olwen.
Ai «Quattro Rami» sono aggiunti nei manoscritti alcuni racconti arturiani: Lludd e Llevelys, Kulhwch e Olwen, Il sogno di Rhonabwy, Il sogno di Maxen Wledic, Owen e Llunet, Peredur Ab Evrawc, Gereint e Enid. In essi Arthur prende parte a molte avventure, tra cui la caccia a un cinghiale magico e un viaggio nell’Altro Mondo celtico, chiamato in medio gallese Annwfn.
In tale «ciclo arturiano» (che è press’a poco l’equivalente del ciclo epico irlandese dell’Ulster: re Artù, ad esempio, corrisponderebbe al re Conchobar, suo nipote Gwalchmai [ GALVANO ] a Cúchulainn), si può rintracciare, almeno in parte, l’origine della «Materia di Bretagna», cioè dei romanzi, poemi e lais medievali d’argomento arturiano e, in generale, «bretone» [→ BRITTONICO].

MALORY, SIR THOMAS. Autore del testo inglese Le Morte Darthur (1470), opera che Terence Hanbury White utilizzò come fonte medievale principale per The Sword in the Stone (1938) e gli altri suoi racconti arturiani.

MERLINO (Merlin, Myrddin). In gallese Myrddin, da *mori-dunon, "fortezza del mare". Nato da un demone incubo e da una fanciulla pura, è l’indovino, consigliere segreto di Artù (l’indovino al posto del druido). [→ TEMI CELTICI]

MORDRED (Medraut, Modred, Mordret). Figlio del re Lot e nipote di Artù. Ritenuto in più racconti figlio incestuoso di quest’ultimo, è comunque il traditore della leggenda arturiana.

MORGANA (Morgaine, Morgan le Fay). È figlia della regina Igerna (Ygrain) e del duca di Tintagel, Gorlois. Compare come sorellastra di Artù nei racconti successivi alle opere di Goffredo di Monmouth.
Il suo nome deriva da un composto celtico *mori-gena, "nata dal mare".

PELLES (Pellés). Zio di Perceval. Il suo nome è stato collegato a quello del gallese Pwyll ("riflessione, saggezza"), padre di Pryderi ("preoccupazione") e protagonista del primo ramo del [→] Mabinogi: Pwyll, principe di Dyved.

PELLINORE. Re delle Isole, fratello di Pelles. Insegue la Bestia Latrante nell’opera di Malory e in altri testi.

PERCEVAL (gallese Peredur; Parsifal; medio-tedesco Parzifal). Il nome francese è da scomporre in perce-val ("passa-valle"?).

RE (gallico rix; antico irlandese ; antico gallese e a. bretone ri). Era il capo scelto tra gli appartenenti alla «classe guerriera». Deteneva il «potere temporale». [→ TRIPARTIZIONE FUNZIONALE]
Nel V-VI secolo il territorio del Galles era diviso in diversi piccoli regni.

TALISMANI. Oggetti sacri e meravigliosi, in connessione con le tre funzioni indoeuropee [→ TRIPARTIZIONE FUNZIONALE].
Nel racconto gallese di Kulhwch e Olwen sono talismani regali di Artù: la nave, il mantello, la spada (Caledfwlch), la lancia, lo scudo, il coltello e la stessa regina Gwenhwyfar.
Nei racconti mitologici irlandesi si ricordano, come talismani divini: la lancia di Lug; la spada di Nuada; il calderone, la mazza e la ruota del Dagda; il mantello (che rende invisibili); la Pietra di Fal.
La spada è simbolo del «potere regale, di essenza guerriera» [→ EXCALIBUR]. La pietra (la roccia stessa in cui è infissa la spada della consacrazione del nuovo re) può simboleggiare la sovranità associata al Paese cui appartiene.

TAVOLA ROTONDA. Non attestata nei testi medievali gallesi e irlandesi, è stata creata dai narratori dei racconti arturiani di lingua francese: è nominata per la prima volta nel Roman de Brut di WACE (1155).
In effetti, i Celti non possedevano la nozione di uguaglianza di rango, che è simboleggiata appunto nella Tavola dei cavalieri della corte di Artù. Al contrario, stando a quanto ci viene raccontato nel «ciclo eroico» irlandese dell’Ulster, relativamente ai banchetti presso la corte del re Conchobar, i guerrieri erano soliti discutere per sapere a chi spettassero il primo posto e il miglior boccone.
I cavalieri che attorniavano Artù erano dodici, come gli apostoli della Santa Cena. Anche in ciò è evidente la concezione cristiana e aristocratica che è all’origine della nozione stessa di cavalleria e dei sentimenti e delle azioni dei cavalieri arturiani.

TEMI CELTICI. Sono presenti nei racconti del «ciclo bretone» diversi temi di origine celtica: amori tra uomini mortali e fate o creature dell’Altro Mondo; ricerca di oggetti meravigliosi, divini; proibizioni e trasgressioni; metamorfosi; rapimenti; cavalieri guardiani di fonti; viaggi verso l’Altro Mondo, attraverso il passaggio di ponti o guadi (l’acqua fa da frontiera tra i due mondi), o cacce nella foresta; e altri motivi ancora.
I tre principali, non alterati dalla cristianizzazione che ha pervaso in genere la leggenda arturiana, sono:
• la coppia costituita da Artù e il «mago» Merlino (il re e l’indovino), analoga a quella del re e del druido del mondo celtico pagano e dell’Irlanda dei racconti mitologici ed epici; coppia in cui si riconosce l’originaria concezione celtica della sovranità, rappresentata dall’accordo tra il «potere temporale» del re e l’«autorità spirituale» dei druidi;
• la «nascita divina e reale di re Artù da un dio che si sostituisce al padre naturale»; analogamente, in Irlanda Mongan, re dell’Ulster, viene generato dal dio Manannan;
• l’infedeltà della regina: [→] Ginevra tradisce Artù con Lancillotto così come, in Irlanda, la regina Medb del Connaught tradisce il marito Ailill.

TESTIMONIANZE SCRITTE GALLESI E MEDIO-LATINE
• GILDA, De excidio Britanniae [«Decadenza della Britannia»], intorno al 550 (o il 525-30 circa): non nomina Artù, bensì Ambrosius Aurelianus (l’Emrys Wledic della tradizione gallese), valente capo, d’origine britanno-romana, che riuscì a sconfiggere i Sassoni.
Y Gododdin [da Votadini, popolo britanno insediato nella regione di Edimburgo (Scozia)], attribuito al bardo Aneirin, VII secolo: un eroe simile ad Artù viene elogiato perché aveva ucciso abbastanza guerrieri da saziare i corvi.
• ADAMNANO, Vita Sancti Columbae [«Vita di san Colomba»], tra il 692 e il 697: vi viene menzionato il nome di Artù: Arturius.
• BEDA, Historia ecclesiastica gentis Anglorum [«Storia ecclesiastica del popolo degli Angli»], 730 circa: non nomina Artù, bensì Ambrosio.
• NENNIO (attribuita a), Historia Brittónum [«Storia dei Bretoni»], inizio del IX secolo: il monaco gallese Nennius attribuisce ad Artù, definito dux bellorum, dodici vittorie sui Sassoni: nella battaglia vittoriosa di Monte Badon avrebbe ucciso fino a 960 nemici – Gilda attribuì invece la vittoria di Badon (Mons Badonicus) ad Ambrosio. Per Nennio Artù combatté i Sassoni assieme ai re dei Britanni (cum regibus Brittonum) in qualità di capo militare, non di re.
Annales Cambriae [«Annali del Galles»], intorno alla metà del X secolo: redatti con materiale anteriore, raccontano che verso il 500 (secondo alcuni studiosi nel 516 o nel 518) durante la vittoria di Badon, Arthur trasportò sulle sue spalle (leggere: sullo scudo) la croce di Cristo per tre giorni e tre notti, e che nel 539 o 537 Arthur e Medraut (Medrawt nel Mabinogi = [→] Mordred) caddero a Camlann.
Vite di santi gallesi del VI secolo, risalenti all’XI-XII secolo: gli ecclesiastici vi si dimostrano ostili nei confronti di Artù: forse perché ancora pagano o semi-pagano?
• GUGLIELMO DI MALMESBURY, Gesta Regum Anglorum [«Storia dei re degli Angli»], 1125: re Ambrosio riuscì a vincere i barbari con l’aiuto di Artù (si nota ancora una volta la posizione subordinata di quest’ultimo).
• GOFFREDO DI MONMOUTH, Historia Regum Britanniae [«Storia dei Re di Britannia»], verso il 1135: facendo di Artù, capo locale e/o comandante di eserciti, il re dei Britanni, Goffredo sarebbe l’inventore, a favore della monarchia anglo-normanna dei Plantagenèti, di una tradizione epica che potesse contrapporsi all’epopea carolingia dei sovrani di Francia.
Non si può escludere che il ricordo di Artù si fosse già sovrapposto a quello di Ambrosio in alcune tradizioni orali gallesi e corniche, note almeno in parte allo stesso Goffredo. È probabile che tradizioni orali si siano diffuse dal Galles e dalla Cornovaglia nei territori e nelle corti dei signori anglo-normanni ed in seguito nel continente, attraverso successivi contatti.

TRIPARTIZIONE FUNZIONALE. La società celtica era divisa in tre ordini:
• Classe sacerdotale (amministrazione del sacro; colore bianco – è il colore simbolico anche dei re);
• Classe guerriera (guerra e magia; rosso);
• Classe produttrice e artigiana (blu, verde, giallo).

UTHER PENDRAGON. Padre di Artù. Il nome Uter potrebbe spiegarsi con una errata lettura: 1) del nome Petr (Petrus), attribuito in alcuni testi gallesi al padre di Artù; o 2) del termine gallese uthr, "terribile", attribuito ad Artù nell’espressione mab utr, "filius horribilis".
Pendragon significherebbe "capo dei cavalieri", "capo dei guerrieri" o "capo supremo".

VIVIANA (Viviane, Niniane). È la Dama del Lago, istitutrice di Lancillotto.
Il suo nome, dall’aspetto romanzo, è privo di un’etimologia celtica chiara (potrebbe essere accostato al nome del Ninian, affluente dell’Oust, a sua volta affluente della Vilaine, uno dei principali fiumi della Bretagna).

VORTIGERN (gallese Gwrtheyrn). Re di Britannia, usurpatore e traditore: per respingere gli attacchi di Scoti e Picti, avrebbe chiamato in aiuto, come mercenari, i Sassoni.

WINLOGEE. Sull’archivolto della Porta della Pescheria del Duomo di Modena è scolpito un episodio che, a quanto risulta, non è narrato in nessun documento o racconto arturiano noto. Nel rilievo sono raffigurati e nominati sei cavalieri: ISDERNUS [Yder?], ARTUS DE BRETANIA [Artù], BURMALTUS; GALVAGIN(US) [Galvano], GALVARIUN, CHE [Cei], i quali assaltano un castello, in cui una dama, WINLOGEE, è probabilmente tenuta prigioniera da altri due personaggi, MARDOC e CARRADO [Caradoc?].
Quasi tutti gli studiosi ritengono che Winlogee sia Ginevra, rapita e tenuta prigioniera. Il suo nome però sembrerebbe una forma bretone più antica di quello della regina Guenloie, sposata dal re di Cornovaglia Yder in un romanzo arturiano francese del XIII secolo (Le Roman d’Yder).
Poiché l’archivolto risale all’incirca al 1120-1130, l’episodio raffigurato risulta essere la prima attestazione della leggenda arturiana in terra non britannica, e comunque una testimonianza precedente al racconto di Goffredo di Monmouth (1135 circa), vale a dire all’attribuzione ad Artù del titolo di re dei Britanni.


Bibliografia essenziale

• M. AURELL, La légende du roi Arthur, Perrin, Paris 2007.
• A. BERTHELOT, Arthur et la Table ronde, Gallimard, Paris 1996.
• «Celtica», 1992 (a cura del Wales Tourist Board), p.8.
• Y. GODOY LOZANO e A. MAGNANI, Intorno alla tavola del re, in «Storia e Dossier» 93 (1995), pp. 36-41.
• Y. GODOY LOZANO e A. MAGNANI, Il segreto di Artù, in «Storia e Dossier» 121 (1997), pp. 30-4.
• C. GRANDE, Il ritorno di Merlino, in «Storia e Dossier» 96 (1995), pp. 43-7.
• D. GRICOURT, D. HOLLARD: Cernunnos, le dioscure sauvage, L’Harmattan, Paris 2010.
• Ch.-J. GUYONVARC’H e F. LE ROUX, Les druides, Ouest-France, Rennes 1986 [ediz. italiana : I Druidi, E.C.I.G., Genova].
• Ch.-J. GUYONVARC’H e F. LE ROUX, La civilisation celtique, Ouest-France, Rennes 1990.
• Ch.-J. GUYONVARC’H e F. LE ROUX, Les Légendes de Brocéliande et du Roi Arthur, Ouest-France, Rennes 1997.
• N. J. LACY [a cura di], The New Arthurian Encyclopedia, Garland, New York & London 1996.
• P.-Y. LAMBERT [a cura di], Les Quatres Branches du Mabinogi et autres contes gallois du Moyen Âge, Gallimard, Paris 1993.
• B. MAIER, Lexicon der keltischen Religion und Kultur, Kröner Verlag, Stuttgart 1994.
• J. MARX, La légende arthurienne et le Graal, Slatkine, Genève 1996 (Paris 1952).
• D. RÉGNIER-BOHLER [a cura di], La légende arthurienne, Robert Laffont, Paris 1996 (1989).

1 commento:

  1. Questo mio dizionario (più che altro opera di compilazione) compare, oltre che in “http://www.hwh22.it/xit/S05_news/archivi/2003/dicembre/arch_38e.html”, anche in “http://lenebbiediavalon.forumfree.it/?t=18910141”, postato (ovviamente privo di bibliografia) da un certo "Kenneth McArthur", nel luglio del 2007. Si tratta di parte della sua "tesi di maturità", per la quale riceve i complimenti di "Elfa dell'Acqua". I fatti si commentano da sé.
    Una cosa va però rimarcata: “Kenneth” non ha citato il nome dell'autore che è invece indicato in “www.hwh22.it/”, da cui, a quanto pare, ha copiato il dizionario.
    Lucio

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