Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







mercoledì 29 settembre 2010

Toponimi del Piemonte di possibile origine celtica (A - E)


Agogna
io.
Piemonte, Lombardia
Agunia (Cosmografia ravennate, IV, 36), Agonia (898/989), Agonia (dal 1208), Agogna (dal 1224). Nella Tabula Peutingeriana (IV, 1) l’Agogna viene denominato fl. Novaria, che è il nome a. dell’attuale Novara: secondo A. Costanzo Garancini l’idronimo potrebbe esser stato confuso con il poleonimo, oppure Novaria potrebbe «riguardare il corso medio ed inferiore dell’Agogna stesso».
•• Per D. Olivieri si ricondurrebbe al gentilizio romano Aconius.
Da preferirsi però un’origine celtica: si può accostare ai NNP Acus, Aco, Acuria (da *ācu- ‘rapido’), e Diacus, Di-acunia (< di-acu- ‘pigro’ < ‘non veloce’), più che non all’etn. Agones (in Polibio, II, 14; dal celt. *āgo- ‘combattimento, lotta’), da cui si ritiene, e non soltanto da parte degli «storici locali» [vd. anche "http://www.agognate.it"], possa anche dipendere.
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 40; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 143, 35; X. Delamarre (2012): 40.

Baginas, Vicus
po.
Bastia Mondovì, CN
Identificato in Villero, frazione di Bastia Mondovì.
Vicus Baginas [Tabula Imperii Romani, Foglio L 32 (Roma 1966), 143].
•• Baginas viene ritenuto da X. Delamarre un *bāgin-at-s (*bāginate), forma derivata del gall. *bāginā ‘faggeta’ (meno probabile una forma *bāgīnā, anche tenuto conto del lat. fāgĭnus, agg. di fāgus ‘faggio’), da *bāgo- ‘faggio’. Si può dunque escludere che dipenda da una base bāg- ‘battersi, combattere’, sotto la quale Delamarre collocava i teonimi Baginus, Baginatis, Baginatiae nel suo Noms de personnes celtiques (2007), mentre ora li attribuisce alla radice celt. *bāg- < ie. *bʰāǵ- ‘faggio’. Vd. anche Bene Vagienna.
A. Falileyev lo ritiene «possibilmente [da *bago- ‘faggio’] ma non necessariamente celtico».
A. Falileyev (2007), s. vv. Vicus Baginas, bago-; A. Holder (1961-1962), III: 790; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 63-4; X. Delamarre (2012): 69.

Barolo
po.
CN
Barroglius, Barolius (dal 1200), Barrolius (dal 1202), Barolus (1383).
• Per G. D. Serra deriverebbe dal NP gall. Baro [o piuttosto Barrus], con un suffisso che «non è consueto nella creazione di prediali da gentilizi gallo-latini»; secondo D. Olivieri invece dal prelat. *barros ‘sterpeto’. A. Rossebastiano lo riconduce però al gall. *barro ‘cima’ [*barros ‘altura’, ‘cima, sommità’], per l’insediamento «sulla cima di un colle», e propone due possibili sequenze evolutive, che possono essere così delineate: a) *barrŭlus («diminutivo in -ŭlus di *barro») + il suff. aggettivale -eus (poi -ius) > *Barruleus ‘luogo della piccola cima’ > *Barrulius > Barroglius, Barolius (dal 1200), Barrolius (dal 1202) > Barolus (1383); b) *Barréolus [forse da una forma *Barr-eus + -ŏlus > *Barreŏlus], *Barrìolus > *Barriòlus > Barolus (1383) > Barolo.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 68; J. Lacroix (2005): 118.

Bealèra
io.
TO
Corso d’acqua che confluisce nel Po presso Brandizzo.
Bealeria (Statuti di Novara).
•• Bealera si riconduce alla voce piemontese beàl (e boàl) ‘rivo, piccolo canale d’irrigazione’, da un bedale attestato nel latino medievale assieme a bedum, continuazioni del gall. *bedo- ‘fossa, canale, gora, ruscello’; cfr. il cimr. bedd, il br. bez ‘fossa’, il ligure ed apuano beu, beàl ‘canale’, e beàr a Pigna (IM).
A. Costanzo Garancini (1975): 25; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; G. B. Pellegrini (1987): 108, 327; J. F. Niermayer (1993); G. Petracco Sicardi (2002), s. v. béu; J. Lacroix (2005): 23; X. Delamarre (2008): 70; X. Delamarre (2012): 73.

Bellino
po.
CN
Belinus nel 1255.
•• Toponimo dall’etimo «molto discusso». Stando a G. D. Serra (e anche D. Olivieri), potrebbe esser in relazione col «nome di famiglia Bellinus», il che – puntualizza A. Rossebastiano – risulta «ragionevole, data la frequenza di tale cognome [Bellino] in Piemonte, ma non reca molta luce alla questione». La studiosa infatti ritiene si debba piuttosto risalire al nome del dio gall. Belenus, dal gall. bel [bel-] ‘splendente’ [G. B. Pellegrini (1981): 56], per il fatto che una statua di tale dio è presente nell’abside della chiesa romanica di S. Giacomo.
Va però precisato che quello che viene ritenuto raffigurazione di Belenus (un’epiclesi apollinea gallica), è un volto in pietra «incorniciato da una raggiante massa di capelli» [“http://www.viaoccitanacatalana.org/zone/zone_dettaglio_valli_ita.asp?IDrecord=22”]. È possibile poi che una parte dei cognomi Bellino sia derivata dal toponimo in esame; inoltre, l’antroponimo Bellinus può essere un diminutivo di bellus, o anche riflettere il NP gallo-romano Bellinus, Belinus (gall. Belinos), per cui si potrebbe ipotizzare, per il Belinus toponimo, un “prototipo” *Belinon ‘proprietà di Belinos’, con accentuazione *belìno- (?). In ogni caso, secondo X. Delamarre, i nomi Belenus, Bel(l)inus son formati sulla base gall. belo-, bello- ‘forte, potente’ (vd. Belluno).
A. Rossebastiano (1990); A. Rossebastiano, E. Papa (2005): 201; E. Caffarelli, C. Marcato (2008): 188; J. Lacroix (2005): 138-43; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 71-2; X. Delamarre (2012): 74.

Bene Vagienna
po.
CN
Augusta Bagiennorum (Plinio, N. H., III, 49), Aὐγoύστα Bαγιεννῶν (Augoústa Bagiennôn) (Tolomeo, III, 1, 31); cortem que dicitur Bajenne, de plebe Bajennis (901), in loco Bagenne (973), Baennis (1200) [< Bagiennis (abl. pl.)].
•• È l’antica Augusta Bagiennorum («municipio in età augustea») menzionata da Plinio come oppidum dei liguri Bagienni (N. H., III, 49 e 47). Tale etnico è comunemente assegnato al ligure – lo stesso suff. -enno «può collocarsi anche nel ligure antico» – e associato all’ie. *bʰāǵos ‘faggio’ (da cui anche il gall. *bāgos). Cfr. l’oron. Vanige (Drôme), Bagenus vicus (nella Vita di santa Galla), Bag(inensis) pa(gus) (in un’iscrizione).
Al contrario, secondo P. de Bernardo Stempel, va connesso al celt. *badios ‘bruno’ (cfr. l’a. irl. buide ‘giallo’).
Meno probabile una derivazione dalla base *bāg- ‘battersi, combattere’ (a. irl. bág ‘combattimento’). Vd. Baginas, Vicus.
A. Rossebastiano (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 193; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 37; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 63-4; A. Falileyev (2007), s. v. Augusta Bagiennorum; X. Delamarre (2012): 69.

Biella
po.
villa que dicitur Bugella (826), Buiella (999), Buella (1198), communis Bugellae (1265).
• Sul poleon. Bugella > Biella, sicuramente di «origine preromana», sono stati proposti vari etimi (se ne riportano i più rilevanti, tratti da A. Rossebastiano e G. B. Pellegrini).
Per P. Torrione, V. Crovella [Il Biellese, Biella, 1963] il toponimo discende dalla radice ie. «bhag, bag, che indicherebbe l’albero del faggio» [ie. *bhāgós].
D. Olivieri «ne sospetta un’origine gallica [attraverso *Buiéla > Biella], senza altra indicazione». Anche G. B. Pellegrini ne ritiene possibile la celticità, risalendo ipoteticamente «al tema ie. *bheug-/beugh- ‘biegen’ [‘piegare’] (IEW 162-3)», da cui il medio irl. bog ‘arco’ < *buggo- ‘curva’, ‘piega’ [J. Vendryes ritiene però che l’a. irl. boga sia un prestito dal norreno], senza escludere, in alternativa, «un’origine da “buca” > buga + -ĕlla, al pari del friulano Buia» [che per A. Prati dipende da una sequenza «Boga > Buga > Buje»].
L. Bruzza (in P. Torrione, V. Crovella) riconosce invece in Bugella e Vercellae (→ Vercelli) «un’identica base cella» con il valore di ‘luogo’, e i due prefissi «bu ‘minore’ e ver ‘maggiore’» [bu-, ver-].
A. Rossebastiano, riprendendo tale analisi, accosta a cella la «base *-kelo- dalla radice indeuropea *kʷel ‘abitare’», individuata da G. Petracco Sicardi nel toponimo a. Budacelium della Tabula Alimentaria di Veleia (5, 4), e riconduce i suffissi bu- e ver- rispettivamente alle forme celt. vo- [dall’ie. *u(p)o-] ‘sotto’ (vd. Vobarno, BS) e ver-, dall’ie. *uper- ‘sopra’. Può quindi interpretare Bugella come il ‘luogo abitato da quelli di sotto’, da intendersi, in questo caso, «in senso militare», cioè come il ‘luogo abitato dai sottomessi’, «essendo Biella più alta (m 420) di Vercelli (m 130)». Si veda tuttavia quanto indicato alla voce Vercelli.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 110-1; G. B. Pellegrini (1990b): 122; J. Vendryes (1959-), s. v. boga; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 41; X. Delamarre (2008): 64.

Bodincomagum
po.
Montèu da Po, TO
Centro ligure in prossimità del quale sorse la romana Industria; oggi, sul suo territorio, si trova Montèu da Po.
oppidum iuxta Industria vetusto nomine Bodincomagum (acc.; Plinio, N. H., III, 122).
•• Bodincomagus è ritenuta in genere una vox hybrida, composta dall’idron. Bodincus, nome ligure del Po «che designa in epoca antica il tratto a monte del fiume», e dal gall. -mago- ‘campo’, ‘mercato’ (cfr. Rigomagus).
X. Delamarre attribuisce al toponimo *Bodinco-magos il valore di ‘mercato del Bodincos’ e all’idron. quello di ‘fiume che ha fondo’, cioè ‘profondo’, riconoscendo in Bod- un’origine dall’ie. *bʰudʰ-(men)- ‘fondo’.
A. Rossebastiano (1990), s. v. Montèu da Po; C. Marcato (1990), s. v. Po; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 170, 178, 180, 190; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 40; 103; R. Chevallier (1983): 534; G. B. Pellegrini (1990b): 103; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2012): 82.

Bòrmida
io.
Liguria, Piemonte
Burmia (920, 1137), Bormita e Burbeda (1030).
Bormida è un «idronimo di origine preromana», riconducibile alla base ie. *gʷhormo- ‘caldo’ (cfr. il lat. formus ‘caldo’) [l’esito ie. gʷh- > b- è comune al ligure e al leponzio “toponomastici”, invece il trattamento di gʷh- in gallico non è del tutto sicuro per la carenza di attestazioni: in almeno due voci s’è comunque individuata una probabile evoluzione gʷh- > w- «in posizione prevocalica»]; oppure al gall. bormo- ‘sorgente calda’, dalla radice ie. *bhĕr-, *bhŏr- ‘gorgogliare, ribollire’ (cfr. il lat. fervēre ‘gorgogliare’, il cimr. berwi ‘bollire’). In questo caso però – rileva F. Villar – si avrebbe l’unica testimonianza a noi pervenuta di suffissazione in -mo- della radice bhĕr-, per cui, in ultima analisi, l’elemento bormo- potrebbe derivare dall’ie. *gʷhormo-, ma non essere d’origine celt., bensì «pregallico».
A *bormo-, inoltre, è stato attribuito anche il valore di ‘fango’ (G. Alessio, M. G. Tibiletti Bruno).
L’idronimo va raffrontato con i teonimi gall. Bormō, Bormanus, Bormana, Bormanicus (‘dei delle sorgenti calde’) e il toponimo a. Luco Bormani (Itinerarium Antonini, 295; attuale Diano Marina, IM).
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 106-7; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 170, 185; G. Devoto (1980): 66; G. Petracco Sicardi (1981): 93; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 40-1; G. B. Pellegrini (1987): 94; G. B. Pellegrini (1990b): 100-1; P.-Y. Lambert (1994): 43; J. Lacroix (2003): 94; J. Lacroix (2007): 143-9; X. Delamarre (2008): 82-3, 305, 308-9; F. Villar (2007): 426-7; A. Falileyev (2007), s. v. bormo-; N. Jufer, Th. Luginbühl (2001): 30.
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Boves
po.
CN
Bovixium (815 [?], 1098), Boves (dal 1095), Bovisius (dal 1098), de Bovese (1200), de Boueso (1222), Buysius (1329), Bovexius (dal 1258).
• G. D. Serra ipotizza una forma *Bovicis, «ablativo plurale di *Bovicus derivato dal cognome gallico Bovus» (riportato in A. Holder). Bovisius [anche Bovixium], Bovexius e Buysius sarebbero «forme sostantivate dell’aggettivo derivato» da *Bovicus.
Alla base di *Bovicus dovrebbe esserci il gall. *bou-, *bouo- ‘vacca, bue’; cfr. i NNP d’origine celt. Bouecius e Boicus (da *Bowico-), in iscrizioni, rispettivamente, dalla Spagna e dal Veneto (Rozzo).
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 79-80.

Briga Alta
po.
CN
Briga (dal 1291).
•• Connesso col celt. briga ‘altura’ [gall. briga ‘collina, monte, altura’ > ‘fortino, torre’, da un ie. *bʰr̥ĝʰā < *bʰerĝʰ- ‘alto’], come pensava P. Massia, piuttosto che con il celt. brīva ‘ponte’. → Briga Novarese.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 111; G. B. Pellegrini (1990b): 123; X. Delamarre (2008): 86-7, 89; X. Delamarre (2012): 87-8.

Briga Novarese
po.
NO
Dial. bría.
Briga (1196), Bricha (fine XIII sec.).
• Di origine celt.: da brīva ‘ponte’ (G. Rohlfs, D. Olivieri, G. B. Pellegrini), oppure da briga ‘altura’ [‘collina, monte, altura’ > ‘fortino, torre’] (P. Massia), ipotesi secondo A. Rossebastiano più plausibile, tenuto conto delle attestazioni medievali e della «posizione del primitivo insediamento», sorto su una collinetta. → Briga Alta.
A. Rossebastiano (1990); G. Rohlfs (1990): 50-1; G. B. Pellegrini (1987): 111; G. B. Pellegrini (1990b): 123; X. Delamarre (2008): 86-7, 89.

Brolo
po.
Nònio, VB
•• Corrisponde all’italiano brolo ‘orto, frutteto’, che deriva dal gall. *brogilos ‘piccolo bosco recintato’, diminutivo di *brogi- ‘territorio, regione, frontiera, marca’ (< *mrogi-).
G. B. Pellegrini (1987): 120; G. B. Pellegrini (1995): 267; P.-Y. Lambert (1994): 190; X. Delamarre (2008): 91; X. Delamarre (2012): 91.

Cantogno
io.
TO
• Secondo A. Costanzo Garancini potrebbe derivare dal «gent. lat. celtico» Cantius + il suff. -onius «indicante proprietà collettiva». Vd. però Cantogno.
A. Costanzo Garancini (1975): 15.

Cantogno
po.
Villafranca Piemonte, TO
•• Continua probabilmente un «toponimo personale» *Cantonion, da un antroponimo di origine celt. Cantonius, *Cantonios o *Cantū, riconducibile a una base gall. canto(n) ‘cento’ o canti(-), canto- ‘con, insieme’ (meno probabilmente dal celt. canto- ‘cerchio’). Cfr. anche NNP quali Cantonus, Cantenius, Cantus, e il coron. Kent, a. Cantium, da canti- ‘insieme’. → io. Cantogno.
X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 103-4; X. Delamarre (2012): 103.

Carbantia
po.
AL
Va localizzata a nord di Villanova Monferrato (A. Falileyev) o nell’attuale Bàlzola, AL (A. Rossebastiano) [vd. "http://www.comune.balzola.al.it/ComStoria.asp"].
Carbantia mpm XII (Itinerarium Antonini, 340, 4).
•• Toponimo a. con il valore di ‘villaggio del carro’, dal celt. *carbanto- (gall. *carbanton) ‘carro da guerra, cassa di carro’, da cui il prestito lat. carpentum ‘carro a due ruote’; cfr. l’a. irl. carpat ‘carro da guerra’ (< *carbanto-).
A. Rossebastiano (1990), s. v. Bàlzola; M. L. Porzio Gernia (1981): 107; A. Falileyev (2007); J. Lacroix (2005): 142-3; X. Delamarre (2008): 105; X. Delamarre (2012): 105.

Carisio
po.
VC
Dial. carìs.
de Carisio (1134), Carixio (1159), Carix (1200).
•• Prediale asuffissato dal gentilizio lat. Carisius.
Può essere interpretato, piuttosto, come un a. *Carision ‘proprietà di *Carisios’. Carisius, Carissus, Carissa, Carisso, secondo X. Delamarre sono NNP d’origine celt., da cari-, care- [da connettere a car- ‘amare’?].
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 106.

Carròsio
po.
AL
Carroxius (1144), Carrosius (1210); Carosio (1006), Caroxium (1140), Caroxio (1268) ["http://www.regione.piemonte.it/cultura/guarini/schede/al/dwd/carrosio.pdf"].
• Per D. Olivieri Carrosio deriva da un NP *Carosus < Carus.
Carosus è attestato in qualche iscrizione (al dat.); con i NNP d’origine celt. Carosa e Carus, può ricondursi a caro-, cara- ‘caro’. Un *Carrosius potrebbe dipendere forse dal gall. carro- ‘carro’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 106-7.

Cavour
po.
TO
Forum Vibii Caburrum (iscrizioni); Caburrum (1037), Cavurrum (1077).
•• «È l’antico Forum Vibii, fondato nel sec. I a. C. sul precedente centro ligure Caburrum» (A. Rossebastiano) – «presso il centro ligure», secondo G. Petracco Sicardi (vd. però Envìe).
Caburrum richiama l’etn. dei liguri Caburriates (Plinio, N. H., III, 47), presumibilmente da un poleon. *Caburrium, e si può accostare ai toponimi Caburene e Caburnia (Hispania), e al cognomen Caburus del C. Valerius Caburus menzionato da Giulio Cesare (De bello Gallico, I, 47).
Caburus, Cabura, Caburius – e con essi forse anche Caburrum (< *Caburron ‘proprietà di *Caburros’) e *Caburrium (con eventuale geminata non etimologica) – sono, con ogni probabilità, NNP d’origine celt., dal tema cabu- (gall. cabo) ‘bocca, gola’ (cfr. anche l’a. irl. familiare cab ‘bocca’).
A. Rossebastiano (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 41-2; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 432; X. Delamarre (2012): 95.

Comignago
po.
NO
Ganmagum (1196), forma «improbabile».
•• Secondo D. Olivieri, si tratta verosimilmente di un prediale in -ācus [-ācum] dal gentilizio romano Cominius.
Cominius, a parere di X. Delamarre, può essere un nome lat. interpretato come gall., cioè come un *co-mīn-io- ‘molto dolce’ < mino-, minio-, meno- ‘dolce’, oppure una voce accostabile all’irl. cuimin [cuimhin, a. irl. cuman (aggettivo?), cuimin] ‘oggetto di ricordo; che si ricorda’ < co- (com-) + men- ‘pensare, ricordare’. → Comenduno (Albino, BG). La forma toponimica originaria potrebbe esser stata un *Comīniācon ‘proprietà di *Comīnios’, come per Comnago, Commeny (Yvelines) e Communay (Isère).
Secondo M.-T. Morlet, Cominius deriva da Cominus < Comius < gall. Comios, Commios [quest’ultimo però forse da *Com-bios (*Com-bhii̯os) ‘Percotitore’ (Delamarre)].
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 226-7; J. Vendryes (1959-), s. v. cuman; M.-T. Morlet (1985); X. Delamarre (2012): 119.

Comnago
po.
Lesa, NO
•• Probabilmente da un *Comīniācum, *Comīniācon ‘proprietà di *Comīnios’. → Comignago.
G. B. Pellegrini (1990b): 312; X. Delamarre (2012): 119.

Còrio
po.
TO
Dial. köre.
de Coire (1184), Corio (1279).
• Secondo D. Olivieri Corio deriverebbe da un NP lat. Corius, che è probabilmente la forma romanizzata del gall. Corios, da corio-, cori- ‘esercito, truppa’ (cfr. anche i NNP Corio, Corido, Corilus). Si può quindi ipotizzare un “prototipo” *Corion ‘proprietà di Corios’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 125-6.

Cozie, Alpi
oo.
Cottianis Alpibus (Tacito, Hist., I, 61), Alpium Cottiarum (Ammiano Marcellino, XV, 10, 2), In alpe cottia (Tabula Peutingeriana, III, 3).
•• Dal latino Alpes Cottiae (o Cottianae), che – assieme ad Alpis Cottia, l’attuale Monginevro – è connesso con Cottius, «nome di due re che governarono genti della stirpe dei Liguri» (I sec. a.C.-I sec. d.C.).
Cottius, normalmente ritenuto di origine ligure, può tuttavia esser avvicinato al tema gall. cotto- ‘vecchio’, da cui dipendono i NNP Cottus, Cotta, Cotto, Cottius (cfr. anche il br. kozh e l’a. corn. coth ‘vecchio’). La voce cotto-, secondo A. Falileyev, aveva forse originariamente il senso di ‘curvato’; per G. R. Isaac non sarebbe d’origine indeuropea (si può ritenere «parola di sostrato»).
X. Delamarre interpreta correttamente l’oronimo Alpes Cottiae come ‘possedimenti del re *Cottios’, riconducendolo però a un “prototipo” «cottiā ‘possedimenti di Cottos’».
C. Marcato (1990), s. v. Alpi; A. Falileyev (2007), s. vv. Alpes Cottiae, Alpis Cottia, cotto-; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 127; X. Delamarre (2012): 127.

Cucèglio
po.TO
Dial. küséle.
Coceli (gen.; 1094), Cucelio (1211, 1468), Cucelj (gen.; 1468), Cucelio (volgare; 1575).
•• Considerate le attestazioni al genitivo, Cuceglio pare riflettere il NP celt. Caucillus [?], Coccillus (P. Massia, D. Olivieri). Ma le forme in -elio richiederebbero piuttosto un personale derivato in -ius, come Cucilius, documentato in quel di Strambino (TO), sia pure in epoca tarda (1438), o anche il lat. Cocceius. La forma dialettale (küséle) invece – per «l’assenza di palatalizzazione di l» – fa pensare a un originario derivato in -icus, come nel caso di altri toponimi risalenti a NNP e gentilizi; cfr., ad es., Oglianico, TO, con -icus suff. etn., e le forme dial. ui̯ane, ui̯ani con la vocale finale che si può spiegare attraverso un’evoluzione -ico > -ego > -e(o) > -i.
Coccillus, Cocillus [assieme a Cocus (forse dal lat. cocus = coquus ‘cuoco’?), Coccus, Cocidius, e al toponimo britannico Coccio (Wigan, Lancashire; Itinerarium Antonini)], è in effetti antroponimo d’origine gall., da cocos, coccos ‘scarlatto, rosso’, probabile prestito dal lat. coccum ‘tintura scarlatta, scarlatto’. X. Delamarre riporta inoltre anche i NNP Cuccillus, Cuccilus, Cucillus, Cucius, Cucceius (base Cucc-, «probabilmente nome d’uccello»), ma nessun Cucilius.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 120; X. Delamarre (2012): 130.

Dormelletto
po.
NO
•• È ritenuto da D. Olivieri e G. B. Pellegrini un composto *duro-mellum col valore di ‘collina della porta’, cui s’è aggiunto il suff. diminutivale -etto.
Le componenti risulterebbero così il gall. dŭro- ‘mercato, piazza’ e la voce preromana -mellum ‘colle, collina’, «forse d’origine ligure» (per alcuni preceltica, per altri celtica: cfr. l’a. irl. mell ‘rotondità, gobba, palla’), da cui il significato d’insieme di ‘collina del mercato’. Vd. anche Ingèure.
Però X. Delamarre nota che la voce -dŭron (‘corte della proprietà terriera, mercato chiuso, forum’ > ‘mercato controllato’ > ‘borgo’) si trova nei composti usata come secondo componente, mentre come primo compare in genere Duro- = dūro- ‘ferro, acciaio, duro’. Un *Duro-mellum potrebbe infatti riflettere un gall. *Dūro-mellon ‘proprietà di *Duromellos’, NP significante ‘Palla di Ferro’, cioè ‘mazza d’arme’.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 125; J. Lacroix (2005): 243-6; X. Delamarre (2008): 156; J. Vendryes (1959-), s. vv. mell, mul; X. Delamarre (2012): 145, 147.

Dormello
po.
Dormelletto, NO
• → Dormelletto.

Druogno
po.
VB

Elva
io.
CN
Torrente confl. con la Maira.
• Di origine prelatina. Cfr. l’idron. Elvo.
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 95.

Elva
po.
CN
«In una larga conca alla testata del selvaggio vallone omonimo».
casale de Elva (1286), Elva (1351, 1355, 1422).
• Località omonima del rio Elva.
A. Rossebastiano (1990).

Elvo
io.
BI
Torrente affl. di destra del Cervo.
Elevus, Helevus (997, 1000, 1058; A. Costanzo Garancini), aqua de Elevo (999), Elvo (1028), Elvus (1153).
• Idronimo preromano, collegato da D. Olivieri all’etn. dei Galli Helvi [o Helvii: Alba Helvorum (Plinio, N. H., III, 36); Helviorum (Cesare, De bello Gallico, I, 35, 4], forse confrontabile con il saltus Heluonus della Tabula Alimentaria di Veleia, e con l’aggettivo lat. heluus ‘gialliccio’.
Ma secondo A. Rossebastiano, specie per «la totale mancanza di h nella documentazione più antica» [mancanza che però, stando alle forme riportate da A. Costanzo Garancini, forse non è così «totale»], si può avvicinare piuttosto a una voce fitonimica alpina *alawo, *alawa ‘pino cembro’, «frequentemente attestata in area francoprovenzale» (J. Hubschmid); cfr. elvu ‘pino cembro’ (a Pontechianale, CN) e «nemus vocatum Elevetum» (1387, a Casteldelfino, CN; attuale Alleve o Alevé).
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 38; A. Falileyev (2007), s. v. Helvii.

Excingomagus
po.
Mansio nelle Alpes Cottiae, che «la Tab. Med. 65 [Tabula Imperii Romani] fa corrispondere ad Exilles (Torino)» [→ Exilles].
Ἐξκιγγομάγου (Exkingomágou) (Strabone, IV, 1, 3), ad Scingomagum vicum (Plinio, N. H., II, 244).
•• Il toponimo a. *Excingomagus (o *Escingomagus) va interpretato come ‘campo’ o ‘mercato di *Excingos’, essendo composto da un NP gall. *Ex-cingos ‘l’attaccante’ (‘che parte per attaccare’ < *cing- ‘andare, avanzare’) e dal tema -mago- ‘campo’ (poi ‘mercato’). Cfr. i personali Ex-cingus, Es-cingo, Ex-cingo-marus, e il toponimo Rigomagus.
A. Rossebastiano (1990), s. v. Exilles; G. Petracco Sicardi (1981): 79; G. B. Pellegrini (1987): 102; G. B. Pellegrini (1990b): 111-2; J. Lacroix (2003): 190-1; A. Falileyev (2007), s. v. Scingomagus; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 116, 168-9; X. Delamarre (2012): 152.

Exilles
po.
TO
Exillas (1050?-1061), Sille (1080), Exiliarum (1092), Exilliis (1165), Exillis (1172), Exiliarum (1192), Exillearum (1287), Eysiglis, Yssiglis, Ysilhis, Siglis (1401).
• D. Olivieri ritiene possa derivare dal NP lat. Aesilia (Aesiliae), da Aesius (W. Schulze).
La forma attuale e parte delle attestazioni medievali si possono invece ricondurre al celt. *ixellos ‘basso’ (per A. Rossebastiano «direttamente o attraverso un aggettivo derivato *ixelleus»), da cui il valore di ‘(luogo che si trova) in basso’ (vd. Issìglio ed Excingomagus).
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 102; G. B. Pellegrini (1990b): 112; X. Delamarre (2008): 32.

Toponimi del Piemonte di possibile origine celtica (G - O)


Giaglione
po.
TO
in Gallionis (abl. pl. in -is per -ibus; 739), in Gallione (1039), de Gailone (1060?), Gellone (prima forma con palatalizzazione; 1065), in villa Gallioni (1081), Gailun (1158), Iallonus (1202), Gaillonus (con metaplasmo), Iailonus (1211-1216), Iallionus (1279), Jalonus (1294); Ielionensis (agg.; 1149).
• Dal NP Gallio, Gallionis, di origine celt. (A. Holder, W. Schulze).
Gallio, con Gallionius, Gallus ecc., deriva dalla base galo-, gallo- (X. Delamarre), da cui forse dipende l’etn. Galli, interpretato come ‘furiosi’ da P.-Y. Lambert; cfr. l’a. irl. gal ‘vapore; furore’ – per A. Falileyev però la base gallo- significa ‘potere, potente’ (< *galno-, dall’ie. *gelH- ‘acquisire potere su’).
A. Rossebastiano (1990); P.-Y. Lambert (1994): 34; X. Delamarre (2007); A. Falileyev (2007), s. v. gallo-.

Gignese
po.
VB
Zinexio (XIII sec.).
• Per A. Rossebastiano riflette probabilmente il NP romano Genesius (A. Forcellini), «fissatosi con prolessi di i».
Genesius, femminile Genesia, è ritenuto di origine celt. da X. Delamarre, dal tema genes- < geno-, genno-, ginno- ‘discendenza, famiglia’. Si può forse ipotizzare una forma gall. originaria *Gin(n)esios.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 176-7.

Grana
po.
AT
Grana (dall’886).
• Dal prelat. *krana ‘fessura’ o ‘crepaccio’, da cui il piemontese kran. Connesso all’idron. omonimo che scorre vicino. Vd. perciò anche gli idron. Grana e Grana del Monferrato.
A. Rossebastiano (1990); G. Dal Pozzo (1980): s. v. cran.

Grana
io.
CN
Grana (dal 1194).
•• Da associare al termine prelat. *krana ‘fessura, crepaccio’ > piemontese cran ‘intaccatura, intacco’ (G. Gavuzzi) [‘tacca’, forse dal francese cran ‘intaglio, tacca’, secondo J. Lacroix da un antico verbo crener ‘intagliare’, attestato dall’XI sec. (francese attuale créner), da *crinare ‘intagliare, fendere’, di possibile origine gall.] e al coesistente *krena ‘fessura, crepaccio’, connesso da J. Hubschmid al gall. *krĭnna. Vd. Grana, Valgrana, l'io. Grana (CN).
J. Degavre registra nel suo dizionario le voci *crina, *crinis ‘fessura, cresta’, che raffronta con l’a. irl. crich ‘termine, limite’ e il cimr. crib ‘pettine, punta’.
X. Delamarre invece non riporta alcun *krĭnna o *crina, bensì un *crano-, cui risalirebbero i NNP gall. Crania, Craniola, Cranius, Cranus e il poleon. Cranna > Crennes (Orne) [che però A. Dauzat, Ch. Rostaing fan derivare da un NP gall. *Crennos, affine al br. kren ‘tremante’ e ‘tremolo’]; *crano- potrebbe, sia pur dubitativamente, derivare dall’ie. *kers-, *kr̥sno- ‘scuro’, ma forse non si può escludere un NP Cranus per Granus, Grannus, teonimo e NP, dal gall. grannos ‘barba?’ o ‘calore (del sole)’ (< *gʷhr̥-snó- < *gʷhr̥- ‘caldo’). Secondo J. Lacroix Grana dipenderebbe proprio dal teonimo gall. Grannos, riconducibile a una voce gall. *grannos/*grennos ‘pelo’, ‘barba’.
Cfr. inoltre il toponimo Grane (Drôme), Grana nel 1163, da *Grannā ‘possedimenti di *Grannos’.
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 96; G. Dal Pozzo (1980), s. v. cran; A. Rey (1992); J. Lacroix (2005): 124, 166; J. Lacroix (2007): 150-2; X. Delamarre (2007); A. Dauzat (1978); Delamarre (2008): 182-3; J. Degavre (1998); X. Delamarre (2012): 161.

Grana
io.
CN
Torrente confluente col Ghiandone.
Grana (886, 969, 1212), Granna (1159).
• «Certamente idronimo prelat., probabile derivazione dalla voce celtica Krinna ‘fessura’». → io. Grana.
A. Costanzo Garancini (1975): 14.

Grana del Monferrato
io.
AT, AL
Torrente affl. del Po.
• → Grana e io. Grana (CN).

Ingèure
po.
Pavone Canavese, TO
«Località indicata nelle mappe catastali di Pavone Canav. (Torino) – corrisponde a Castellatto di Pavone».
Castellana d’Ingeure (?).
•• «Secondo il Serra 1943, 49», Ingeure risalirebbe a un composto gall. *Ando-dūrum ‘fortezza di un Andius’. M. G. Tibiletti Bruno ha proposto invece un *Andio-durum con il significato ‘porta di Andius’.
In effetti, nel gallo-romano -dŭrum la vocale radicale era breve, come nella voce gall. -dŭron da cui proviene, significante ‘corte della proprietà terriera, mercato chiuso, forum’ > ‘mercato controllato’ > ‘borgo’ (un *dūro- è registrato invece da A. Holder, col significato di ‘duro’, per accostamento al lat. dūrus ‘duro’ e all’a. irl. dúr ‘duro’ – che però è prestito dal latino –, e da X. Delamarre, coi valori di ‘ferro, acciaio, duro’).
Si può quindi attribuire ad *And(i)o-dŭrum il valore di ‘mercato, borgo di Andios (o Andos, Andus)’ [per tali NNP, cfr. Andes (Virgilio, MN) e Andezeno, TO]. Ma un’ipotesi etimologica *Ando-, *Andio-durum (e anche *Indio-durum) > Ingeure in realtà non risulta molto convincente, anche perché non si hanno attestazioni antiche, o almeno medievali, del poleonimo, né – a quanto pare – forme analoghe comparabili (un confronto, sia pur parziale, pare possibile con Inzago, MI). Cfr. anche Dormelletto, Dormello e il toponimo francese Issoire (Puy-de-Dôme), Iciodurum nel VI sec., da *Īccio-duron ‘borgo di *Īccios’.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 187; G. B. Pellegrini (1987): 114; G. B. Pellegrini (1990b): 126; A. Holder (1961-1962); J. Lacroix (2005): 243-6; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 156-7; X. Delamarre (2012): 145, 147, 163.

Invòrio
po.
NO
Evurius, Evorius, Jvorius (X sec, 1007), Yvorius (1235).
•• Secondo P. Massia, Invorio deriva dal gentilizio gallo-romano Eburius < gall. eburos ‘tasso’, con -n- epentetica (cfr. il dial. Invreia = Ivrea).
Eburius, da eburo- ‘tasso (albero sacro)’, è attestato in iscrizioni da Novara e Suno (NO). Si può ricostruire un a. *Eburion ‘proprietà di *Eburios’.
A. Rossebastiano (1990); J. Lacroix (2007): 28-9; X. Delamarre (2008): 159; X. Delamarre (2012): 148.

Isarno
po.
Novara
•• Continua un gall. *Īsarnon ‘proprietà di *Isarnos’, cfr. il NP Isarnus.
Il celt. *īsarno- risale forse a un ie. *ēsr̥-no- ‘sanguineo’ [< ie. *ē̆sr̥(gᵘ) ‘sangue’], in riferimento al «color rosso del metallo ossidato» (ipotesi etimologica formulata da W. Cowgill)]; cfr. l’a. irl. íarn, il cimr. haearn ‘ferro’, il toponimo francese Izernore (Ain), Isarnodori (glossato ‘Porta di Ferro’) nell’VIII sec., de Ysernodero nel XIV, da *Īsarno-duron ‘mercato, borgo di *Isarnos’.
G. Rohlfs (1990): 50; X. Delamarre (2008): 191-2; J. Pokorny (2005): 343; X. Delamarre (2012): 166.

Issìglio
po.
TO
Località posta «nella parte più bassa della Val di Chy».
Dial. iséi.
Yxello (1221) e Ysiglij (1387; dal derivato *Issilius).
•• Issiglio può continuare una forma gallo-lat. *Issellus, col significato di ‘(nucleo abitato collocato) in basso’ (A. Rossebastiano), da un gall. *Īssellon (‘insediamento inferiore’ secondo X. Delamarre), dal celt. *īsselo- (< ie. *pēd-su- ‘ai piedi’, ‘sotto’ < *pēd- ‘piede’), da cui anche l’a. br., a. cimr. isel, il medio corn. yssel, l’a. irl. ísel ‘basso’. Cfr. i toponimi Exilles, Usseaux, e anche Issel (Aude; apud Issellum nel 1257), che E. Nègre fa derivare però dal gall. *uxello- ‘elevato’.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 126; A. Deshayes (2003), s. v. isel; A. Falileyev (2000): 97; X. Delamarre (2008): 32; E. Nègre (1990): 132; S. Gendron (2003): 90; X. Delamarre (2012): 166.

Ivrea
po.
TO
Dial. Invreia (con n epentetica).
Eporedia (Plinio, N. H., III, 123; Tacito, Hist., I, 70), Eporedia (Itinerarium Antonini, 345, 1; Tabula Peutingeriana, III, 5); Yporeia (1001), Eporedia (1036), Eporeia (1091), Eporegia (1133).
•• Come riporta A. Rossebastiano, Ivrea deriva dal lat. Eporedia, attraverso fasi quali Yporeia («scambio, frequente in area gallo-italica, di e~i in protonia») > *Iv(o)reia > *Ivreia.
Eporedia è poleonimo di origine celt., formato da epo- ‘cavallo’ [< ie. *ék̂u̯os] + -redia, «collettivo in -ia», da reda ‘veicolo gallico a quattro ruote’ [gallo-lat. rēda ‘vettura a quattro ruote’], da cui un significato complessivo di ‘insieme di carri’ > ‘luogo fortificato da un vallo di carri equestri’ (G. D. Serra, G. B. Pellegrini). Per P. de Bernardo Stempel il poleonimo andrebbe analizzato come *epo-rēd(o)-yā e significherebbe ‘la città dei carri equestri’.
Secondo X. Delamarre invece, Eporedia (con -rēdiā, dalla radice *rēd- ‘andare a cavallo, viaggiare’) avrebbe il valore di ‘insediamento della cavalleria’ o ‘le corse a cavallo’, mentre per J. Lacroix sarebbe «la “Localité-des-Gens-de-Chevaux”»: «luogo di una guarnigione, ma anche tappa di mercato sugli assi di circolazione».
Cfr. anche l’a. irl. ríad ‘andare in vettura o a cavallo’, ‘viaggio, corsa’, i toponimi Rennes (Bretagna), dall’etn. gall. Redones ‘i conduttori di carro’, e Carpentras (Provenza-Alpi-Costa Azzurra), dal gall. Carbanto-rate ‘fortezza dei carri’ (gall. -rate ‘forte’).
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 103; G. B. Pellegrini (1990b): 113; X. Delamarre (2008): 163, 232-3, 253, 254-5; A. Falileyev (2007); J. Lacroix (2003): 189; J. Lacroix (2005): 228-30, 142-3; X. Delamarre (2012): 150.

Lèmina
io.
San Pietro Val Lèmina, TO
Anche Lemie.
Torrente.
•• Secondo G. D. Serra, Lemina deriverebbe dal lat. limina [sing. limen ‘soglia, limite’], quale «linea di confine fra la provincia augustea delle “Alpes Cottiae” e il tratto di paese, verso Pinerolo, compreso nella Liguria augustea».
O forse è da connettere alla radice celt. *lēm- ‘limo, fango’ (< *lim-, *leim-), piuttosto che al celt. *lim- ‘olmo’. Vd. l’idron. Lémene (PN, VE).
G. Gasca Queirazza (1990); X. Delamarre (2008): 198; X. Delamarre (2012): 174, 177-8.

Lèquio Berria
po.
CN
de Leucho (1193, 1201).
• → Lèquio Tànaro.
A. Rossebastiano (1990).

Lèquio Tànaro
po.
CN
Leuquio (872), Leucum (901), Lequi (1029), Leuqui (gen.; 1223), Lequo (abl. ; 1223), Lequio (abl.; 1276).
• Secondo D. Olivieri, Lequio deriva da un prelat. *leuko-, affine al lat. lucus, e quindi significante ‘bosco’; per altri invece da un *leuko- col valore di ‘bianco’ (vd. Locana). G. D. Serra lo collega però al NP di origine celt. Leucus (A. Holder), con -kw- esito di «trascrizione ipercorrettiva di un precedente Le(u)kji, donde Lequi, poi Lequio».
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 199.

Lèvice
po.
CN
Dial. lèis.
Levesj (991), Leves (1201); «noto ai romani con il nome di Livicium o Levicium; lo ritroviamo poi designato come Levix o Levesj in alcune carte del 991» ["http://www.borghiautenticiditalia.it/ita/web/img_item.asp?nav=55"].
•• Di origine gall., Levice può discendere da *Laevicis (abl. pl.) < NP Laevicus, riconducibile all’etn. dei Laevi (G. D. Serra); ne ricorda però la liguricità A. Rossebastiano, che colloca quel poleon. accanto ai toponimi Pradleves (< *prat(um)-d(i)-Leves, Prato de Levesio nel 1282) e Levanna (oron. piemontese). Laevi deriverebbe secondo G. Petracco Sicardi da una base *lēuo- < ie. *lēu- ‘pietra’.
Non si esclude una connessione con il gall. *lēuo- ‘che scivola, lento’, usato però come base idronimica (forse ne deriva un NP *Lēvios individuato da X. Delamarre in alcuni «toponimi personali»), o con *leuo-, del teon. Su-leviae (connesso al cimr. llywydd ‘conduttore’) e probabilmente del NP Levus, oppure con l’antroponimo lat. Levius, originariamente soprannome col possibile valore di ‘maldestro, sciocco’, dall’agg. laevus ‘sinistro’ (E. Papa).
A. Rossebastiano (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 56; X. Delamarre (2008): 200, 286; X. Delamarre (2012): 176; A. Rossebastiano, E. Papa (2005).

Limone Piemonte
po.
CN
Limonus (1290).
•• Viene in genere ricondotto al gall. limo- ‘olmo’, da cui il significato di ‘(luogo) caratterizzato dall’Olmo’, «che richiama [secondo G. D. Serra] il culto ed il valore simbolico di quest’albero nella cultura medievale piemontese, dove era riconosciuto quale arbor sacra finalis» (A. Rossebastiano).
Come per Limone sul Garda (BS), si può ipotizzare un a. *Limonon ‘proprietà di Limo(nos)’, piuttosto che ‘l’olmeto’, comunque sempre dal gall. lemo-, limo- < l̥mo- ‘olmo’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2012): 178.

Linduno
po.
Momo, NO
•• Secondo G. B. Pellegrini, risale «assai verosimilmente al noto dūnum gallico» [dūnum ‘fortezza’, ‘collina’, dal gall. (e celtico comune) *dūnon ‘fortezza, cittadella’ > ‘monte, collina’].
Potrebbe trattarsi di un composto *Lindo-dūnon ‘Forte dello Stagno’, con primo elemento *lindon ‘liquido’ > ‘bevanda’ e ‘stagno’; cfr. le voci a. irl. lind ‘liquamen’ (*lindu-), lind ‘stagno’ (*lindo-), e il cimr. llyn ‘bevanda’, ‘lago’.
G. B. Pellegrini (1987): 114; G. B. Pellegrini (1990b): 127; X. Delamarre (2008): 154, 202; X. Delamarre (2012): 179.

Locana
po.
TO
Locania (1257), Lucana (1368), Locana (XV sec.).
•• Da un ie. *leuko- + il suff. pregall. -ana, -anna [forse anche gall. (vd. J. Degavre)], attraverso le forme *Leucan(n)a > *Loucan(n)a (A. Perinetti), con l’esito eu > ou proprio del gallico (G. Petracco Sicardi) [e probabilmente il dittongo ou passato a ō in epoca tarda (vd. P.-Y. Lambert)]; è toponimo confrontabile con i poleonimi Locarno, Locate, Lecco. Per G. D. Serra in questo caso *leuko- dovrebbe valere ‘bianco’, in relazione alla «colorazione biancastra della roccia» che «scoscende precipite sui prati di Letosa»; invece B. A. Terracini pensava a «un significato prossimo a quello di lucus», vale a dire ‘radura nel bosco, bosco’.
Potrebbe invece continuare un pl. neutro *Leucāna ‘possedimenti di *Leucos’.
A. Rossebastiano (1990); J. Degavre (1998); G. Petracco Sicardi (1981): 92; P.-Y. Lambert (1994): 42; Delamarre (2008): 199; X. Delamarre (2012): 176.

Lucedio
po.
Trino, VC
Leocedio, Leucegium (905); Silva de Loceio [vd. "http://www.abbaziadilucedio.it/index.php?pg=storia&code_m=fondazione"].
•• Secondo G. D. Serra, top. d’origine gall., da *Leucidio, da confrontare con il NP Leucus.
Si segnala anche il teonimo *Leucetios, Leucetius, Loucetius (< louco-, loucet-), da cui il «toponimo personale» *Leucetion, alla base dell’attuale Luzech (Lot).
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; A. Costanzo Garancini (1975): 119; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 199; X. Delamarre (2012): 176.

Mathi
po.
TO
curtem de Matigo cum tota valle Mategasca (1159), Mathiarum (gen. pl.; 1342), Matiis (abl. pl.; 1356).
«Vallem cuinomento Ametegis» (? cfr. Màttie); «Matingo, Mateis dei secoli XI e XII, latinizzati in Maty e Mati e stabilizzati definitivamente nell’attuale Mathi, in cui l’h ricorda l’origine greca del nome» ["http://www.comune.mathi.to.it/storia.htm"].
•• Forse dall’aggettivo *Matticus, dal NP lat. Mattius. Il gen. e l’abl. pl. attestati nel Medioevo rinviano a quei toponimi tardo-romani in cui a forme in -i (gen. sing.) subentrarono forme di in -is (abl. pl.), sulle quali «si ricostruì poi il genitivo plurale, a segnalare la ricostruzione dell’unità della famiglia romana, come proprietaria di beni comuni»; il toponimo significherebbe dunque ‘(fondo) appartenente alla famiglia dei Mattii’, da cui proverrebbe la -i del nome attuale.
Antroponimi come Mat(t)ius, Maticius, Matinus, Matta, Mattus, Mattiacus, Mattios, e un ricostruito *Maticos — con relativo «toponimo personale» *Maticon che pare esser richiamato dal Matigo del 1159 — secondo X. Delamarre derivano dal gall. matu-, mati- ‘buono, favorevole’ (a. irl. maith ‘buono, eccellente, vantaggioso, fasto’, a. br. mat ‘buono’) o matu- ‘orso’ (a. irl. math); per J. Vendryes si tratterebbe della stessa voce, attribuita come epiteto adulatorio all’animale (tabù linguistico). → Màttie.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 220; X. Delamarre (2012): 193.

Màttie
po.
TO
Vallem cuinomento [cognomento] Ametegis (VII sec.; potrebbe però riferirsi anche a Mathi); Maticis (1065), Mathicis (1226), de vico Matico (1080), Matigum (1083), Mathiis (1369), Mathiarum (1374).
Mattie deriva forse dal NP *Matticus (vd. Mathi); nelle forme del XIV sec. appare il femminile conservatosi nella stessa denominazione attuale.
A. Rossebastiano (1990).

Mazzè
po.
TO
Maciadium (1007), Maçadium (1181), Mazayo (1433).
•• Probabile prediale dal NP romano Mattius, Matius (G. D. Serra), originariamente nella forma *Macciacus o *Mattiacus, di cui non è pervenuta alcuna testimonianza. La sostituzione di -adium ad -ācum pare dovuta a «ricostruzione erudita».
Mattius, Matius, e Maccius sono probabilmente NNP di origine celt., rispettivamente dal gall. matu-, mati- ‘buono, favorevole’ o matu- ‘orso’ (vd. Mathi), e, forse, da *mac(c)- ‘nutrire’. X. Delamarre infatti ipotizza un originario Mattiācon ‘proprietà di Mattios’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 220, 211-2; X. Delamarre (2012): 194.

Melle
po.
CN
Localmente lu ml (occitano).
El Meyl (1142), Melus (1203), Melo (1229), Mellis (1264), El Mel (1303); Malzelus, Mahelus (1306; grafie errate dovute a un copista di Napoli).
•• Per D. Olivieri potrebbe derivare dal lat. gemellae, riferito a «due villae contrapposte, come nel caso del bellunese Mel < zumellae». Tale ipotesi è stata formulata in base alla «presenza nel paese dei ruderi di due castelli», ma, secondo A. Rossebastiano, risulta priva di riscontri d’epoca medievale; si può invece risalire alla «voce celtica o preceltica (ligure) mello, ‘collina, altura’»; da confrontarsi con l’oron. Rocciamelone (Monpantero, TO), gli idron. Mèllea (CN) e Malone (TO), il poleon. a. Leucumellus (Tabula Alimentaria di Veleia, 3, 72; 7, 37).
Potrebbe essere la continuazione di un «toponimo personale» *Mellon ‘proprietà di *Mellos’; cfr. gli antroponimi Melus, Mellus, Melius, dai temi melo-, melio-.
A. Rossebastiano (1990); J. Vendryes (1959-), s. vv. mell, mul; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 197.

Mezzomerico
po.
NO
Mediomadrigo (980), Medium Matrigum (1196).
•• Secondo P. Massia, si ricondurrebbe all’etn. dei Mediomatrici, citati da Cesare (Mediomatricorum, in De bello Gallico, IV, 10, e Mediomatricis, in VII, 75), Plinio (Mediomatrici, in N. H., IV, 106) e altri autori antichi. Tale etn. sarebbe costituito da medium ‘mezzo’ + matericus, mataricus < matarus ‘telum vel missile, gallis proprium’ (in C. Du Cange), per cui significherebbe ‘quelli che lanciano nel mezzo’. Da ciò A. Rossebastiano deduce per il toponimo il valore di ‘luogo degli arcieri’.
Però secondo X. Delamarre, che ipotizza un *Mediomātricon ‘proprietà dei Mediomatrici’ (di un loro gruppo là insediato) o ‘di *Mediomātricos’, Mediomatrici va interpretato diversamente: non tanto ‘quelli che abitano tra le Madri’, vale a dire gli a. fiumi Matrona e Matra, quanto ‘quelli delle Madri Mediane’, da *medio-māteres ‘Madri del Mondo di mezzo, tra cielo e inferi’ (< gall. *māter- ‘madre’; cfr. l’oron. Matrona). P. Anreiter invece suggerisce il significato ipotetico di ‘quelli che abitano in mezzo alla foresta’, ritenendo -matrici possibile derivato da una base celt. *māt(V)r- ‘legno’ (> ‘foresta’) associabile al lat. māteria/māteriēs ‘legno da costruzione, legname’.
A. Rossebastiano (1990); J. Lacroix (2007): 175; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 219, 221; A. Falileyev (2007), s. v. Mediomatrici; X. Delamarre (2012): 195.

Monviso
oo.
CN
Occitano Vìsol, piemontese Viso.
e gremio Vesuli montis (Plinio, N. H., III, 117), Vesulus mons (Servio, ad Aen., 10, 709), Vesaeuus mons (Servio, ad georg., 2, 224), Vesulus mons (Schol. Vallicell. ad Isid. etym., 14, 8, 13).
•• A parere di A. Rossebastiano, Vesulus deriverebbe dalla radice preie. *ves-, con valore di ‘monte’ secondo A. Dauzat, Ch. Rostaing – che pare distinta dalla radice idronimica, *ves-, *vis-, forse preie., cui A. Dauzat, G. Deslandes, Ch. Rostaing riconducono parecchi nomi di fiumi francesi, compresa la Vésubie.
N. Lamboglia confrontava Vesulus con l’idron. Vesubia (Nizzardo) [forse con secondo elemento -bia ‘che taglia’], i poleonimi Vesubium [anche Ussubium, forse da un “prototipo” *Uχsobion ‘proprietà di *Uχsobios’ = ‘(che possiede una) Alta Ascia’, da uχso- ‘alto’ + biyo- ‘tagliente, ascia’; vd. X. Delamarre (2007): 207 e (2012): 281] (Aquitania) e Vesunna (città iberica [in realtà, si tratta della francese Périgueux; Vesunnā dovrebbe significare ‘i possedimenti della dea Vesunā’]), e lo riteneva appartenere allo strato mediterraneo del ligure. G. Petracco Sicardi lo collega invece ai diversi toponimi con rad. *u̯es- riscontrabili in area celtica.
Vi si può riconoscere la base gall. uesu-, ues- (talvolta uisu-) ‘valido, buono, degno di’, da cui dipenderebbero nomi come Vesunna, Uesus, Uesuccius, Uisurio, Bello-uesus, Sego-uesus, Vesu-biani (Vesubianiorum, in iscrizione); cfr. l’a. irl. fíu e il cimr. gwiw ‘valido, degno di’. Secondo Delamarre, Vesulus dipenderebbe da un teonimo *Vesu-lo-, «variante di *Vesu-no- (suff. d’agente -lo-, -no- sul tema *u̯ésu- ‘bene, buono’)»; cfr. il NP Vesulus in Silio Italico.
Per J. Lacroix [J. Lacroix (2007)] Vesonna, Vesunna potrebbe derivare o da *vesu- ‘buono’ o da «un radicale preceltico *ves-/*vis-, ‘bagnato’», o anche [J. Lacroix (2003)] da un tema gall. *ves- ‘curvare’ (e quindi ‘curva, meandro’ di fiume) < ie. *wes- ‘girare’.
A. Rossebastiano (1990); A. Dauzat (1978): 77; A. Dauzat (1982): 95-6; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 80; 77; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 75, 77, 317; A. Falileyev (2007), s. vv. Vesulus, Vesubio, Vesunna, Ussubium; J. Lacroix (2003): 92; J. Lacroix (2007): 70-1; X. Delamarre (2012): 268.

Mosezzo
po.
San Pietro Mosezzo, NO
Moxicium (941), Muxicium (959), Musicium (962), Mosetium (1013).
• P. Massia ritiene possa riflettere il gentilizio lat. Mogetius, nella variante Mocetius. Per D. Olivieri si tratterebbe invece di un derivato del preromano mosa, col significato di ‘luogo pantanoso’.
Mogetius (con Mogetia, Mogetio, Mocetes, Mogeti-marus, Moceti-marus, Erru-mocito...) deriva dal tema gall. mogeti-, mageti- ‘potenza’ (< mag- ‘grande’). Per Mosezzo, si può ipotizzare in origine una forma *Mogitium o *Mocitium (*-on).
G. Gasca Queirazza (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 212.

Novara
po.
Novaria (Plinio, N. H., III, 124; Tacito, Hist., I, 70), Novaria (Itinerarium Antonini, 344, 5), Fl. Novaria (Tabula Peutingeriana, IV, 1); Novaria (881), Novara (1114).
•• Dal lat. Novaria, toponimo di «difficile interpretazione».
A. Forcellini pensava derivasse «dal soprannome Novaria dato al torrente Agogna» nella Tabula Peutingeriana (IV, 1); vd. Agogna.
G. B. Pellegrini lo rapporta invece, in via ipotetica, al lat. novu, novāle (ager) ‘terra recentemente ridotta a culture’.
Per P. de Bernardo Stempel però Novaria potrebbe essere di origine celt., da un *new-ar-yā ‘la città nuova’, ‘la città appartenente ai nuovi territori’, o, per aplologia, da un composto *nowo-waryā o piuttosto *Novā Variā ‘nuova recinzione’.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 250-1; F. Benozzo (2002): 261; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2012): 207.

Ocelum
po.
Caprie, TO
Localizzato «presso Novaretto e Caprie» (A. Falileyev).
ab Ocelo (Giulio Cesare, De bello Gallico, I, 10), Ὤκελον (Ṓkelon) (Strabone, IV, 1, 3 e V, 1, 11), Occellio (Cosmografia ravennate, IV, 30), Ocelum e Ocelo (iscrizioni latine).
•• Ocelum riflette la voce gall. ocelo- ‘punta, promontorio’, da un tema ie. *h2oḱ-elo-, riconducibile alla radice *h2eḱ-, *h2oḱ- ‘punta, sommità’, quindi gli si può attribuire il significato di ‘la punta, la sommità’. Cfr. l’omonimo Ocelum, identificabile forse in Ferro (Covilhã, Portogallo), Ὂκελον (Òkelon), in Tolomeo, II, 5, 7; l’a. irl. ochair ‘angolo, bordo’, og ‘punta’; NNP d’origine celt. quali Ocelus (anche teonimo), Ocellio, Ocella (con sviluppo semantico «‘punta’ > ‘sommità’> ‘capo’»).
A. Falileyev (2007), s. vv. Ocelum, ocelo-; J. Vendryes (1959-), s. vv. ochair, og; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 236; X. Delamarre (2012): 209.

Ollasio
io.
TO
•• Forse da Aulacis, etn. loc./abl. pl., dal gentilizio lat. Aulus, oppure dal NP celt. Ollos; cfr. i toponimi trentini De Olaxio, villa Olasi (1360, 1387), attuale Dolaso, e Olasium (1220), attuale Daolasa.
È documentato un NP di origine celt. Aullus, da aulo- > aullo-, ma non *Ollos, mentre sono attestati Ollus, Ollius, Ol(l)ia, e altri ancora, tutti da ollo- ‘grande’; inoltre compare un Ollon in un’iscrizione da Magonza ed è stato ricostruito da X. Delamarre un “prototipo” *Ollo-dūnon, forse ‘forte di *Ollos’, per Oudun (Yonne) e Olten (Svizzera).
A. Costanzo Garancini (1975): 20; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 240; X. Delamarre (2012): 210-1.

Orba
io.
Liguria, Piemonte
Dial. urba.
ad fluuium miri cognominis Vrbem (Claudian., bell. Pollent. 555); Urba (1137), super fluvium Urbae (1176), inter duas Urbas (1197), Valle Urbe (1224), Vallis Urbis (1252).
•• Secondo G. D. Serra si tratta di idron. prelat., confrontabile con altri nomi dell’area gallo-ligure (A. Rossebastiano). Cfr. i seguenti toponimi antichi d’area celtica: gli idronimi Urba, attuale Orbe (Giura svizzero), Urbia, attuale Orge (Francia) [Urbia in Gregorio di Tours (VI sec.)], Urbicus, attuale Orbigo (Spagna), e il poleon. Urbate (Pannonia Inferiore), presso la confluenza Sava-Verbas (A. Costanzo Garancini, G. Petracco Sicardi).
X. Delamarre riconduce però i fiumi Orge (Essonne e Vosges) e Orb (Hérault) a forme quali *Orbiā, *Orbios < *orbʰ-io- ‘l’erede (di un fiume più grande)’.
Per G. R. Isaac, Urbate deriverebbe da una base idronimica *urb-, *orb-, forse celt.
A. Rossebastiano (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 82; A. Costanzo Garancini (1975): 108; A. Falileyev (2007), s. v. Urbate; X. Delamarre (2008): 242; X. Delamarre (2012): 211.

Òssola
co.
VB
Ὀσκέλα (Oskéla) (var. ὂσκελλα, ὂσκελα; Tolomeo, III, 1, 34), Oxilla (var. ossilia, ossila; Cosmografia ravennate, IV, 30); terra ossilense (dall’892), comitatu oxilense (915), Osola (dal 1226, «come componente antroponimica»).
•• D. Olivieri vi riconosce «una voce prelatina».
Con tutta probabilità Ossola continua il nome a. di Domodossola: Ὀσκέλα in Tolomeo e Oxilla nella Cosmografia ravennate.
Secondo X. Delamarre l’originario *Oscelā, da cui dipendono Oskéla, Òskel(l)a, Oxilla, potrebbe derivare dalla base ie. *os-k- ‘frassino’ piuttosto che dal tema *ukso- ‘bue’ (ie. e celt. *uksōn), al quale qualche anno fa riconduceva, nelle forme oxso-, oxsi-, NNP quali Oxilla ‘Vacchetta’ e, con metatesi oxs- > osk-, Oscella, Oscellus, senza escludere però la possibilità di oxso-, oxsi- «variante di uxso-, uxsi- ‘alto’». Delamarre pensa che *os-k-, ritenuto in genere «ligure» rispetto al celtico insulare *os-n-, non sia altro che una «semplice variazione dialettale in seno al celtico».
A. Rossebastiano (1990); A. Falileyev (2000), s. v. Oskela; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 244; X. Delamarre (2012): 212.

Ossona
io.
AL
Ausona, Auxona, Ossona (cartari tortonesi) ["http://books.google.it/books?id=iuUNAQAAIAAJ&q=Ossona"].
•• Forse di origine celtica, da *auso- < *h2eus- ‘far defluire, drenare, far uscire (acqua)’ (A. Falileyev), con suff. idronimico -on(n)a.
X. Delamarre, per corsi d’acqua quali l’Ausa (754; attuale Hozain), l’Ausava (attuale Oos, in Renania), l’Ausona (Limousin), propone un etimo da *aus- ‘oro’ (tema *ausu-) od eventualmente (per Ausona) da *aus- ‘orecchio’.
A. Falileyev (2007), s. v. Ausa; X. Delamarre (2012): 67-8.

Oulx
po.
TO
In occitano: Ors.
Ulces (880), Ultes (IX sec.), de Ulcis (1050), in loco et fundo Ulce (1167), loco ubi dicitur Ulcium (1083).
•• Dall’abl. pl. *Ulcis < NP gall. Ulkos (è attestato anche Ulcagnus) (G. D. Serra), forse conducibile all’ie. *u̯l̥kʷos ‘lupo’; oppure da connettere ai NNP *Uolcos, Uolcus, Uolcius < uolcos ‘falco’ («ulc- grado zero di uolc-?»), o anche da Ulicus (< *u̯el- / *u̯lei- ‘scegliere’).
A. Rossebastiano (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 132, 326; X. Delamarre (2012): 275.

sabato 25 settembre 2010

Toponimi del Piemonte di possibile origine celtica (P - V)


Pèllice
io.
TO
Localmente pèlis.
Pelesus (1041), fluvius Pelex, Pellex (1175, 1188, 1299), Pelicem (1299).
• Per A. Costanzo Garancini Pellice può ricondursi a un loc./abl. Pellicis, dall’etn. locale Pellicus, da cfr. con l’etn. celt. Pellus. Secondo C. Battisti invece, da un preromano “mediterraneo” *pel- affine a pal(a)- ‘roccia, pala’, rintracciabile anche nell’oron. Pelmo (BL).
In effetti A. Holder registra Pellus e Pellicus [è attestato il dat. Pellico] come NNP. Tali nomi, assieme a Pelius, Pellios, Pellius, Pellic(ius), dovrebbero essere celtici, dal gall. pel(l)i- (< *kʷeli-); cfr. il gall. peli-gnos ‘nato lontano, straniero’ (tavoletta di Chamalières) e il cimr., corn., br. pell ‘lontano’ < radice *kʷel(s)-.
Pellicus è nome attestato nel XII sec. in Piemonte.
A. Costanzo Garancini (1975): 15; C. Marcato (1990): 479-80; A. Holder (1961-1962); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 246-7; E. Caffarelli, C. Marcato (2008).

Pennine, Alpi
oo.
summo sacratum vertice Poeninum montani (Livio, XXI, 38, 9), iuxta geminas Alpium fores, Graias atque Poeninas (Plinio, N. H., III, 123), Poeninis iugis (Tacito, Hist., I, 61), Summo Penino (Itinerarium Antonini, 351, 4), In Summo Pennino (Tabula Peutingeriana, III, 3-4), Alpes [...] Poeninae (Ammiano Marcellino, XV, 10, 9).
•• Corrisponde al lat. Alpes Poeninae, «connesso al mons Poeninus», nome del colle del Gran San Bernardo, protetto da Iuppiter Poeninus; quel passo era (anche) «chiamato dai Romani Jugum Peninum (nella Tabula Peutingeriana, IV sec. d. C. Summus Penninus) e nel Medioevo Monte Giove».
Penninus, Poeninus deriva forse dal gall. penno- ‘testa, estremità’ (per J. Lacroix Poeninus sarebbe il «dio della punta rocciosa»; cfr. l’a. irl. cenn ‘testa, sommità’, l’a. br. penn ‘testa, estremità’); o piuttosto riflette il teonimo Poininus, da un tema *kʷoini-no- ‘Quello della Vendetta’ riconducibile all’ie. *kʷoinā ‘riparazione’, da cui dipende l’a. greco ποινή (poiné) ‘compensazione, punizione’.
C. Marcato (1990), s. v. Gran San Bernardo; A. Falileyev (2007), s. vv. Poeninus M., Summus Poeninus; J. Lacroix (2007): 10, 221-2; X. Delamarre (2007): 150; X. Delamarre (2008): 248; X. Delamarre (2012): 216-7.

Pradleves
po.
CN
Prato de Levesio (1282), villa Pratis de Levis (1355), Pradeleves (1356), Pradaleves (1382), Prati de Leves (1427).
• Da pra < pratum ‘prato’ + la preposizione d(i) + Leves, da *Laevicis (abl. pl.) < NP Laevicus (W. Schulze), «formatosi a sua volta sull’etnico dei Laevi» (G. D. Serra). Vd. Lèvice.
A. Rossebastiano (1990).

Rigomagus
po.
Piemonte
Località indicata nella Tabula Imperii Romani (Tab. Med. 114) e in alcuni itinerari come mansio «non lontana da Vercelli e da Torino, ma di difficile localizzazione puntuale» (forse nel territorio di Trino, VC).
Rigomago (Itinerarium Antonini, 340, 5 e 356, 10), mansio Rigomago (Itin. Hierosolymitanum, 557), Rigomagus (Cosmografia ravennate, IV, 30), Rigomagum (iscrizione).
•• Toponimo formato dai temi gall. rīgo- ‘re’ e -mago- ‘campo’ (e poi ‘mercato’; cfr. l’a. irl. mag ‘piana, campo’ e l’a. br. ma ‘luogo’, dal celt. *magos ‘piana, campo’), quindi con il valore complessivo di ‘Campo (o Mercato) Reale’ (ove ‘Reale’ va inteso piuttosto come ‘del re della tribù’). Da un composto Rigomagus (gall. *Rigomagos) derivano anche i poleonimi Rians (Cher), Riom (Cantal, Puy-de-Dôme), Ruoms (Ardèche) e Remagen (Renania).
A. Rossebastiano (1990), s. v. Trino; G. Petracco Sicardi (1981): 79; R. Chevallier (1983): 551; G. B. Pellegrini (1987): 100; G. B. Pellegrini (1990b): 111; A. Falileyev (2007); J. Lacroix (2005): 250; X. Delamarre (2008): 259-60, 213; X. Delamarre (2012): 221.

Ròpes
po?
Ivrea, TO
• Per G. D. Serra Ropes è un toponimo di origine gall., da *Roppicis (loc. pl.) < NP Roppus.
Roppus (attestato come nome di vasaio) significava probabilmente ‘Grande Occhio’, essendo costituito di ro- ‘grande’ e op- ‘occhio’ < *okʷ- ‘occhio, vista’ (X. Delamarre).
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 260-1, 170.

Ròppolo
po.
BI
Roppolo (dal 963), Ripolae (1373).
Roppolo potrebbe riflettere un NP *Roppulus, diminutivo del gall. Roppus [→ Ròpes] (G. D. Serra), piuttosto che un NP germ. Rotpulo [longobardo Rotpulo (Pistoia, 767), Roppuli (Lucca, 761 e 767)] (P. Massia). Si può anche accostare al piemontese ròpol, variante di ròcol ‘roccolo, luogo elevato, ove si tendono reti agli uccelli’.
A. Rossebastiano (1990); N. Francovich Onesti (1999): 203; G. Dal Pozzo (1980), s. v. ròcol.

Soana
io.
TO
Torrente.
•• G. D. Serra pensava a un’evoluzione *Sequana > *Soa(v)ana > Soana [forse piuttosto attraverso una forma intermedia *So(v)ana]. Quindi, rileva G. B. Pellegrini, «l’idronimo, tranne l’accento, sarebbe omofono del fiume Sequana (Cesare [De bello Gallico, I, 1]) la ‘Seine’». Tuttavia, oltre al Sēquăna accentato sulla prima sillaba, è attestata anche una forma Sēkoána (Σηκοάνα, in Strabone, IV, 1, 14 e Tolomeo, II, 8, 2).
Sequana è ritenuto, dal Serra e da altri, di origine precelt. Ma tale idronimo (che al tempo stesso è il nome della dea venerata alle sorgenti della Senna), assieme all’etn. Sequani (‘della Senna’) e ai NNP Sequanus, Sequana (tutti riportati ma non interpretati da X. Delamarre), può esser considerato celtico, però di un’area dialettale conservativa in cui il fonema labiovelare non è passato a p, diversamente da quanto avvenuto invece in gran parte del gallico, nel lepontico e nel brittonico. Secondo un’ipotesi di John Rhys, quella dei Sequani infatti era «una zona dialettale arcaizzante ove l’innovazione > p non s’è prodotta».
Per quanto riguarda l’etimologia, sono state proposte alcune differenti derivazioni (la prima in J. Pokorny, J. Degavre, le altre due in A. Falileyev): dalla radice ie. *seikʷ- ‘colare, versare goccia a goccia, filtrare’ [cfr. l’idron. irlandese Sechair (nella Táin Bó Cúalnge)]; dalla radice ie. *sekH- ‘tagliare’ > tema *secu- ‘tagliato; tagliante’, da cui Sequana ‘fiume che taglia (via)’ [radice *sē̆k- in J. Pokorny; cfr. l’a. irl. sech- ‘tagliare’]; dalla base ie. *sekʷ- ‘dire’, da cui Sequana ‘il fiume che parla’ [cfr. l’a. irl. sech- ‘dichiarare’]. Inoltre J. Lacroix pensa, come altri, a una formazione *sec-o-ana/*sec-u-ana, da un «radicale *sec-/*sic- applicato originariamente ad acque nascenti» (per cui «potrebbe darsi che la grafia -qu- corrisponda a un’influenza latina»), e ritiene, con B. Sergent, che l’etn. Sequani indicasse «gli adoratori della dea Sequana» e non solo gli “abitanti delle rive della Senna”.
Delamarre, che valuta «tutte improbabili» le diverse spiegazioni etimologiche, ritiene non assodata la conservazione della labiovelare ie. , poiché risulterebbe possibile una diversa segmentazione, come *sēco-u̯anā o simile.
G. B. Pellegrini (1987): 114; G. B. Pellegrini (1990b): 126-7; P.-Y. Lambert (1994): 19, 111; J. Degavre (1998): 375; J. Pokorny (2005): 893-4, 895-6, 897-8; A. Falileyev (2007), s. v. Sequana; J. Vendryes (1959-), s. vv. sech (2), sech- (3); J. Lacroix (2007): 49-50, 53-4, 78, 219; X. Delamarre (2012): 232.

Suno
po.
NO
Xunum (1013), Xuno (1165), Suno (1207), Xune (1267).
• Per D. Olivieri deriverebbe dal NP germanico, forse franco, Sunna o Sunno.
Da non esludersi un antroponimo d’origine celt.: cfr. Sunnus, Sunua, Sunucus, Sunni-vira, Sunnu-vesa, e altri, da sunu-, suno- < sōno- < souno- ‘sonno, sogno’. Suno potrebbe quindi continuare una forma a. *Sun(n)on ‘proprietà di *Sun(n)os’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 279.

Susa
po.
TO
Segusio (nom.; Plinio, N. H., III, 123), Σεγούσιον (Segoúsion) (Tolomeo, III, 1, 36), Segusione (Ammiano Marcellino, XV, 10, 3); etn.: Σεγοσιανῶν (Segosianō̂n) (Strabone, IV, 1, 11), Σεγουσιανοί (Segousianoí) (Tolomeo, 1, 40), Segusinorum (iscrizione; nom. Segusīni); Segusione (Itinerarium Antonini, 341, 3 e 357, 1; Tabula Peutingeriana, III, 4); civitate Segusia (739), Secusia (888), Susa (961), Secuxia (1093), Segusia (1215).
•• Secondo G. B. Pellegrini, deriva dal gall. *Segusia ‘la forte’, ‘la potente’, dal tema gall. sego- ‘vittoria, forza’. Cfr. l’a. irl. seg ‘forza’, gli etn. Segusiavi, Segovii, e, tra gli altri, il toponimo Segouia ‘Segovia’ (Spagna).
X. Delamarre propone un «toponimo teonimico in -on-» *Segusiū, formato appunto su un teonimo *Segusi(o)s, e quindi col valore di ‘proprietà di *Segusios’.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 103; G. B. Pellegrini (1990b): 113; A. Falileyev (2000), s. v. Segusio; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 268-9; X. Delamarre (2012): 234.

Talamone, Lago e Alpe
lo.
VC
•• È stato associato da X. Delamarre, assieme al toponimo francese Talmont (Talmont-Saint-Hilaire, Vandea) < Talmun, alla voce gall. talu-, talamon-, da una radice ie. *telh2-, *telu- ‘superficie piana’; cfr. l’a. irl. talam ‘terra’ (< *talamon-). Attualmente Delamarre non esclude che Talmont (Talamun nell’XI sec.) possa essere «la latinizzazione parziale *Tāla-mont- di un *Tāla-brigā ‘forte di sostegno’ che si ritrova in Lusitania» (sostituzione del celt. -brigā con l’elemento lat. -mont-).
X. Delamarre (2008): 287-8; A. Dauzat (1978): 668; X. Delamarre (2012): 245.

Tànaro
io.
Piemonte
Tanarum (Plinio, N. H., III, 118), Tanarus (808), Tannarus (922), Tanerus (967), Tanagrum, Thaner (X-XI sec.), Tanager (1213).
•• Per A. Costanzo Garancini deriverebbe da una radice prelat. idronimica *tan-, «diffusissima» (cfr. il Tanagro, fiume della Campania).
A. Holder propone per l’idron. e il teonimo britannico Tanarus (un epiteto di Giove: IOM Tanaro), in iscrizione da Chester, una forma originaria *tn̥nros, dall’ie. *ten- ‘risuonare’ e ‘tuonare’, da cui, secondo G. Petracco Sicardi, un significato ‘risonante’ appropriato per il nome del fiume (A. Rossebastiano). Analogamente X. Delamarre attribuisce all’idron. originario *Tanaros, il valore di ‘le grondant’ (gronder = ‘brontolare, tuonare, rumoreggiare’).
Per A. Falileyev Tanarus, «se celtico», potrebbe esser associato al toponimo Tannetum [Tannetus, attuale Taneto (Gattatico, RE)], il cui etimo però risulta incerto (secondo Delamarre deriverebbe dal gall. tanno- ‘leccio’, col significato di ‘luogo dei lecci’).
Si può però avvicinare al teonimo gall. Taranus (Orgon, Narbonensis), variante Taranis, da una base taranu- ‘temporale, tuono’, ‘dio del temporale’ (cfr. l’a. irl. torann ‘temporale’). Taranus è stato anche accostato al teonimo germanico *Þunaraz, a. alto tedesco Donar [< ie. *(s)ten- ‘tuonare, brontolare’], s’è perciò suggerita un’evoluzione *Tonarus > *Toranus > Taranus, con una metatesi *tonar- > *toran- che non si sarebbe ancora realizzata nel teonimo e nell’idronimo Tanarus. F. Bader invece riconduce il teonimo Taranus alla radice ie. *terh2- ‘attraversare’, un significato riferibile a «la folgore ‘che attraversa’ il cielo [e] dà il suo nome al dio della tempesta» (Delamarre).
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 98; A. Holder (1961-1962); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 74; A. Falileyev (2007), s. v. Tanarus fl.; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 289; X. Delamarre (2012): 247.

Terdobbiate
po.
NO
Tardoblate (881), Terdublate (982), Terdoblate (911, 1022).
• Derivato da Tardubius, Tardublus, nome d’epoca medievale del torrente Terdóppio, con l’aggiunta del suff. lombardo-piemontese -ate, che unito a un idronimo ha dato origine a poleonimi quali Agognate, Beverate, Brembate.
A. Rossebastiano (1990); G. Rohlfs (1990): 67.

Terdóppio
io.
NO, PV
Tardubius, Deturbius (978), Tardublus (990, 1001, 1129).
•• Secondo G. D. Serra, Terdoppio rifletterebbe un gentilizio lat. Tardubius [a quanto risulta, un *Tardubius].
Si tratta, invece, di un un a. *Tardubios, «probabilmente celtico» a parere di X. Delamarre, forse di un composto costituito dal tema gall. taro- ‘che attraversa’ [vd. l’io. Taro, PR], e da un *-dubios derivato dell’aggettivo dubus, dubis ‘nero’ (cfr. i NNP Dubius, Dubia).
A. Costanzo Garancini (1975): 41; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 290, 438, 152; X. Delamarre (2012): 143, 247.

Torino
po.
Augusta Taurinorum, Taurinos (Plinio, N. H., III, 123 e 132), Αὐγούστα Ταυρικῶν (Augoústa Taurikō̂n) (Tolomeo, III, 1, 31), Taurinis (Itinerarium Antonini, 341, 1; 356,12), civitas Taurinis (Itin. Hierosolymitanum, 556, 9), Augusta Taurinorum (Tabula Peutingeriana, III, 5), Iulia Augusta Taurinorum (iscriz.); Taurinis (845, 880), Taurinum (950, 999, 1037), Turrin (961), Torino (1043), Torim (1071).
• Come indicato da A. Rossebastiano, deriva dal lat. medievale Taurinum (dal 950), acc. tratto da una forma Taurinus «percepita come nominativo singolare», prodottasi – per chiusura della o – dall’acc. pl. Taurinos, «forma accorciata» del poleon. Julia Augusta Taurinorum, nome assegnato «in onore di Ottaviano» alla colonia romana di Julia Taurinorum (‘Giulia dei Taurini’).
L’etnico dei Taurini, definiti Semigalli da Tito Livio (XXI, 38, 5) e liguri da Plinio e Strabone, potrebbe derivare, con un suff. -īno- («non ignoto nell’area ligure» – precisa G. Petracco Sicardi), da una voce forse non ie. *tauro- ‘monte’; G. B. Pellegrini attribuisce tale base «allo strato anario del ligure» e a Taurini il valore di ‘montanari’.
P. De Bernardo Stempel interpreta invece l’etnico come ‘coloro che sono come tori’, poiché lo riconduce alla voce celt. tauro-, forma più antica del «lessema tarvos ‘toro’» originatosi da quella per metatesi (*tauro- > *taruo-). Anche X. Delamarre risale a tauro-, forma che potrebbe dipendere da «influsso latino o conservazione della parola originale» (cioè l’ie. *tauro-).
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 74; G. Petracco Sicardi (1981): 88; X. Delamarre (2008): 290; A. Falileyev (2007), s. vv. Augusta Taurinorum, Taurini.

Tortona
po.
AL
Δερτῶνα πόλιν (Dertôna pólin) (Artemidoro di Efeso, fr. 4), Dertona (Varrone, de serm. lat., fr. 102), Δέρθων, Δέρθωνος (Dérthōn, Dérthōnos) (Strabone, V, 1, 11), Dertona colonia (Plinio, N. H., III, 49); Dertona (Itinerarium Antonini, 288, 6 e 294, 6; Tabula Peutingeriana, III, 5); Julia Augusta Dertona (CIL V, 7376), domo Derthona (AE 1993-531); Derthona (883), Dertona (978, 1193, 1203); Tertona (999, 1066), Terdona (1004, 1150), Tartona (1223), Tortona (1243), Tardona (1365); etn. Derthonensis (1205).
•• G. Petracco Sicardi ipotizza una derivazione «da un tema prerom. *dert-ōn-, latinizzato sul modello di Cremōna, Verōna» («rimane inspiegata» però l’oscillazione -t-/-th- delle attestazioni antiche). Dertōna si può confrontare solo con il poleon. iberico Dertōna, attuale Tortosa, ove compare lo stesso esito dert- > tort-. Non risulta infatti alcun «riscontro etimologico indoeuropeo».
Per X. Delamarre il Dertonā originario significava ‘possedimenti di Dertū’ o ‘installazioni di un *Dertō’, NP da una base *dert- che «potrebbe essere celtica»: cfr. il toponimo a. Dertosa (Tarragonese) e l’antroponimo Amadertō(nius) (Stabia, X-8042,126).
A. Rossebastiano (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 48; X. Delamarre (2012): 135.


Trivero
po.
BI
Triverius (dal 998), Trevere (999), Tribelius (apax; 1328).
•• Per D. Olivieri dal gentilizio romano Treverius, riconducibile al nome della tribù gallica dei Treveri. Secondo Sella (1935) risalirebbe invece al celt. treba, «misura agraria di circa due ettari».
L’etn. Trēueri (da cui il poleon. tedesco Trier, francese Trèves) e il NP Treuerus hanno un etimo treuero- ‘traghettatore’, da trē-uer-o-, costituito di trē- < *trei- ‘attraverso’ + *uer- ‘acqua, fiume’ (come la forma *uar-, da *u̯r̥-; vd. l’idron. Vara, SP).
Un celt. *treba (da cui dipendono i NNP Treba, Trebius, Trebia e l’a. irl. treb ‘abitazione’) significa semmai ‘abitazione, luogo abitato’; vd. l’idron. Trebbia (GE, PC, PV).
Trivero potrebbe continuare un a. *Treuerion ‘proprietà di *Treverios’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 300; P.-Y. Lambert (1994): 36; X. Delamarre (2012): 354.

Trivero
po.
Pettinengo, BI
• → Trivero (BI).
A. Rossebastiano (1990), s. v. Trivero.

Ugliacco, Uliacco
po.
Villareggia, TO
Dial. ujè.
homines Uliaci et Villaeregie (1399).
• Secondo X. Delamarre deriverebbe da un *Olliacon. Si tratta presumibilmente di un prediale in *-ācon > lat. -ācum, formato sul NP Ollius, *Ollios < *Ollos, Ollus, dal tema gall. ollo- ‘grande’ (‘tutto’); cfr. l’a. irl. oll ‘grande’, il cimr., corn., br. oll ‘tutto’, e tra i toponimi, per esempio, il francese Oudun (Yonne), Uldunum (875), forse da *Ollono-dunum ‘grande fortezza’.
A. Rossebastiano (1990), s. v. Villareggia; X. Delamarre (2008): 240.

Usseaux
po.
TO
Uxellus (1064, 1078), de Uxelis (1091), Uxellis (1098).
•• Da G. B. Pellegrini vien ricondotto al gall. ūxellos ‘alto, sublime’, da cui il significato de ‘gli Alti’, ‘gli abitanti della valle alta’ [o ‘gli abitanti nell’alto della valle’ (A. Rossebastiano)]. Oppure di ‘(luogo abitato posto) in alto’, nel caso le forme medievali più antiche fossero la continuazione di un originario singolare.
Dal gall. uxello-, ouxello- ‘alto, elevato’, celt. comune *ouxselo- (cimr. uchel, a. irl. uasal ‘alto’), derivano NNP quali Uxellus, Uxsellus, Uxela e toponimi a. come *Uxellodunum > Issoudun (Creuse, Indre) e Exoudun (Deux-Sèvres), Uxellus > Ussel (Corèze, Allier, Lot) e Osselle (Doubs), Ussellum > Usseau (Deux-Sèvres), Uxelum e Uxela (Gran Bretagna), Usseglio e anche Issìglio.
X. Delamarre propone per Usseaux e Usseglio un “prototipo” *Uχsellon ‘l’altura, la collina’ o ‘proprietà di *Uχsellos’, antroponimo o teonimo: cfr. Uxello, deo Uxello in iscrizioni da Hyères e, forse, Parigi.
A. Rossebastiano (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 187; G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 126; J. Lacroix (2003): 122-3, 130-1; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 329, 154; A. Dauzat (1978): 512, 690; X. Delamarre (2012): 280-1.

Usseglio
po.
TO
Uxellis (1188), Uxeillo e Useillo (1224), Uxello (1269).
•• Da una forma *Uχsellon ‘l’altura, la collina’ o ‘proprietà di *Uχsellos’. → Usseaux.
A. Rossebastiano (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 187; G. B. Pellegrini (1987): 113-4; G. B. Pellegrini (1990b): 126; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 329, 154; X. Delamarre (2012): 280-1.

Vagna
po.
Domodossola, VB
•• Secondo P. de Bernardo Stempel e X. Delamarre, va connesso con l’a. irl fán ‘pendio’, il cimr. gwawn ‘bassura, palude’, il br. geun, yeun ‘palude, torbiera’, tutti da *u̯āgnā. Potrebbe dunque riflettere una voce gall. «uagna, ‘pendio, depressione, bassura’?» (*u̯āgnā), segnalata qualche anno fa da X. Delamarre, o un “prototipo” *Uagnā ‘le paludi’, indicato recententemente dallo stesso Autore. Cfr. anche i toponimi *Οὐαγνια (Ouagnia) < *Uagniā ‘la depressione, le paludi’ (in Tolomeo; forma ristabilita sulla base delle varianti attestate Οὐαυνία, Οὐαυννία, Αὐαγνία), e Vagniacis (Springhead, Kent), in Itinerarium Antonini, 472, 2.
X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 304-5; X. Delamarre (2012): 257; A. Falileyev (2007), s. v. uāgno-; A. Holder (1961-1962), s. v. Vagniacae; "http://books.google.it/books?id=YBrqtfWkMsIC&pg=PA192&dq#v=onepage&q&f=false".

Valgrana
po.
CN
Valle Gramna (abl.; 1159), Valgranna (1251), Vallegrana (1309).
• Composto di valle + l’idron. Grana.
A. Rossebastiano (1990).

Vàprio d’Agogna
po.
NO
Dial. vàvru.
• Secondo A. Rossebastiano, la forma dial. vàvru (cui corrisponde l'italiano Vaprio) non pare presupporre un lat. *vadulum, bensì un gall. *wabero- ‘ruscello’ (FEW XVI, 92) [gall. vo-bero- > va-bero-]. Vd. Vàprio d’Adda (MI), Casaletto Vàprio (CR) e, per la specificazione, l’io. Agogna.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2008): 324.

Vegni
po.
Carrega Ligure, AL
Vegni, Vegna (1204), Herizone de Vegno (1281) [vd. "http://it.wikipedia.org/wiki/Vegni"].
• Può forse confrontarsi con Vagna, dal gall. «uagna, ‘pendio, depressione, bassura’?» (P. de Bernardo Stempel, X. Delamarre).
X. Delamarre (2008): 304-5.

Vegno
po.
Crodo, VB; Crandola Valsassina, LC
• Cfr. Vegni e Vagna, dal gall. «uagna, ‘pendio, depressione, bassura’?» (P. de Bernardo Stempel, X. Delamarre).
X. Delamarre (2008): 304-5.

Venaus
po.
TO
in Venavis in valle Segusina (739), Venalicius (1060), Venalius (1163), Venauz (1233).
• Per A. Rossebastiano, continuerebbe una forma *Ven(n)avis, dall’etn. *Ven(n)avii «richiamato palesemente» dal Venavis dell’attestazione del 739. Le forme del 1060 e 1163 paiono risalire piuttosto a *Vennales, un aggettivo confrontabile con il personale ligure Venna, Vennu (G. D. Serra), «affine al nome etnico dei Veneni» della Val di Stura (D. Olivieri) e dei Vennones della Raetia.
Tutti questi etnici, se di origine celtica, potrebbero dipendere dalla base *u̯en(i)- (ueni- > uini-) ‘il clan, la famiglia, gli imparentati’ (forse da una radice ie. *uen- ‘desiderare, amare, volere’). Cfr. l’a. irl. fine, l’a. br. guen ‘razza, famiglia’, NNP quali Uenialius, Uenenia, Uenna, Uennonia, Uenu, gli etn. a. Vennonetes, Venostes (→ Venosta, Val, BZ).
A. Rossebastiano (1990), s. vv. Venaus, Venasca; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 80 (Veneni); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 312.

Ventuno
po.
Ivrea, TO
«Nome di una regione a sinistra della Dora».
Viginti Uno (1120, 1220, 1264, 1290; tradizione dotta), Vinteuno (1199, 1202), Hospitalis de Viginti Uno (1264) [vd. "http://books.google.it/books?id=ieASAAAAIAAJ&q=Vinteuno+Viginti+Uno&dq"], Ventuno (1771).
• Secondo G. D. Serra da un gall. *Vindoduno, ‘la bianca fortezza’.
Si può ipotizzare un composto gallo-lat. *Vindo-dūnum. Vd. Linduno e Verduno.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 187; G. B. Pellegrini (1987): 115; G. B. Pellegrini (1990b): 127-8; X. Delamarre (2008): 319-20.

Verbano
lo.
«Nome antico (Verbanus lacus) del lago Maggiore».
Οὐερβανός (Ouerbanós) (Polibio, XXXIV, 10; Strabone, IV, 6, 12), in Verbanno, Ticinum Verbannus (Plinio, N. H., II, 224 e III, 131).
•• Continuazione del lat. Verbanus (lacus), secondo C. Marcato «formazione non latina che richiama però il nome romano Virbius (v. Olivieri 1961a, 568)».
Per A. Falileyev è invece un nome d’origine celt.: un composto formato dagli elementi gallici uer- (< *uper- ‘sopra’) e *bannā, *bennā ‘punta > sommità’.
X. Delamarre ritiene però più probabile una formazione Verb-āno- piuttosto che Ver-banno-.
C. Marcato (1990), s. vv. Maggiore, Lago, Verbano; X. Delamarre (2008): 313, 66; A. Falileyev (2007), s. v. Verbanus L; X. Delamarre (2012): 264.

Vercelli
po.
Vercellis (Cicerone, Ad. Fam., XI, 19), Οὐερκέλλοι (Ouerkélloi) (Strabone, V, 1, 12), Vercellae (Plinio, N. H., III, 124; Tacito, Hist., I, 70), Vercellas (Itinerarium Antonini, 282, 8), Vergellis (Tabula Peutingeriana, III, 5), Vercellis (Cosmografia ravennate, IV, 30).
•• Riprende il nome lat. Vercellae, su cui sono state formulate varie proposte etimologiche.
Come riferisce A. Rossebastiano, L. Bruzza interpretava Vercellae come ‘luogo maggiore’, scomponendolo nel suff. ver ‘maggiore’ e una voce cella ‘luogo’ (mentre Bu-gella > Biella risulterebbe il ‘luogo minore’). Assegnando poi a ver il significato di ‘sopra’ e al secondo elemento del composto «quello proprio di -kelo-», dall’ie. *kʷel- ‘abitare’, A. Rossebastiano suggerisce per quel toponimo il valore di «‘abitanti di sopra’, in senso politico-militare»; vd. Biella.
P. Massia, al contrario, riconduceva Vercellae a una formazione in -ellus *Vercellus, *Vercella, da un gentilizio lat. Vercius derivato da NNP «trasmessi da lapidi di area gallica»: Verce, Vercus, Vergo. Secondo A. Rossebastiano per la terminazione del toponimo parrebbe «più appropriato pensare all’influsso del suffisso di origine ligure -el», anche considerato che «la celtica Vercellae [...] sorse su di un probabile primitivo insediamento dei Liguri Salluvii».
In realtà sono documentati i personali d’origine celt. Vercella, Vercello, Vercellius, Vercillus, Vercilla, Vercus, Vercius, Verca, di cui almeno gli ultimi tre sono rapportabili al tema gall. verco-, dalla radice ie. *u̯erg- ‘fare’.
X. Delamarre invece, ritiene Vercellae riflesso di un “prototipo” *Uercellā(s) ‘possedimenti di *Vercellos, -ā’, NP formato dal suff. gall. ver- [< *u(p)er- ‘super-’] e dalla voce -cello- «‘martello’ (o ‘percotitore’)». Può esser confrontato con il toponimo francese Vercel (Doubs), Vercellis (1148), l’antroponimo Vercellius («‘Grande Colpitore’?»), il teonimo Su-cellos (e Su-caelus) interpretabile come ‘il buon percotitore’ (oppure ‘Colui alla cui attenzione nulla sfugge’, stando a un’ipotesi di derivazione da *su-kʷes-lo-). Su-caelus potrebbe «essere una variante ortografica per Su-cel(l)us», oppure rappresentare una forma *su-cailos ‘buon presagio’, dal gall. cailo-, caelo- ‘presagio’ (cfr l’a. br. coel ‘presagio’).
Secondo P. de Bernardo Stempel poi, Vercellae varrebbe ‘la foresta settentrionale’, «con il celt. *kallī (a. irl. caill [‘bosco, foresta’]), “attratto” successivamente dai frequenti nomi di città in -(k)ellon» [però la voce gall. significante ‘a nord’ (oltre che ‘a sinistra’) risulta essere, nei composti, teuto-, touto- (> tuto-)]. Infine, G. R. Isaac accosta la seconda componente del toponimo alla voce a. irl. cellach ‘guerra, combattimento’ (la quale, a parere di J. Vendryes, dipende da una radice ie. *kel- ‘colpire, tagliare distruggere’, individuabile anche nel teonimo Sucellus).
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 113, 313; A. Falileyev (2007), s. v. Vercellae; J. Vendryes (1959-), s. vv. caill, cellach; J. Pokorny (2005): 545-7; X. Delamarre (2012): 264.

Verduno
po.
CN
Verdunum (1026), Virduno (1147-84).
•• Per G. B. Pellegrini, si tratta di una formazione gallica con le voci *viro-, *vero- ‘saldo, vigoroso’ e dunum ‘fortezza’ [dūnum, vd. Linduno], con il significato di ‘fortezza salda’.
È preferibile però, con X. Delamarre, vedere nella prima parte il prefisso gall. *uiro-, *uero-, da *u(p)er(o)- ‘super-’ [ie. * uper(o)-], e assegnare al composto originario *Uer-dūnon, *Uero-dūnon il valore di ‘super-fortezza’. A. Falileyev e M. G. Tibiletti Bruno propongono invece come prima componente il tema uiro- ‘uomo’ (< u̯ĭro-, dall’ie. *uih1-ró-), mentre altri il tema *u̯īro- < u̯ēro- ‘vero’. Cfr. i numerosi toponimi francesi Verdun (Meuse, Ariège, Aude ecc.), da Uiro-dunum, Uero-dunum.
A. Rossebastiano (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 187; G. B. Pellegrini (1987): 114-5; G. B. Pellegrini (1990b): 10, 127; A. Falileyev (2007), s. v. Viriodunum; X. Delamarre (2008): 313, 154-5, 320-1; X. Delamarre (2012): 265.

Vernone
po.
Marentino, TO
•• Secondo N. Lamboglia dipende dal gall. uerna ‘ontano’.
Cfr. i NNP Verno e Vernonius: è forse possibile un «toponimo personale» *Vernonon ‘proprietà di *Verno(nos)’.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 314-5.

Verrone
po.
BI
Veronus (dal 1263), Veironus (1248; «variante più fortemente dialettale»).
• Per D. Olivieri deriverebbe dal lat. vetus, veteris ‘vecchio’ (in effetti, «l’insediamento sembra essere antico»). Secondo A. Rossebastiano potrebbe però anche ricondursi al celt. *uer- [< *uper- ‘sopra’] (G. Petracco Sicardi), da cui il valore di ‘luogo posto sopra’ (sorge su un altopiano), oppure alla base gall. *viro-, *vero- ‘saldo, vigoroso’ (G. B. Pellegrini).
Dipenderà più probabilmente da uero- > uiro- ‘super-’ piuttosto che da uiro- ‘uomo’ o *uīro- ‘vero, giusto’. Cfr. i NNP Ronius, Rono, Su-ronus, Ver-ronius (da *ver- + ronio- < *rono- ‘?’) e Verona, Veronius [da uer(o)-].
A. Rossebastiano (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 80; G. B. Pellegrini (1987): 115; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 313, 320-1.

Veruno
po.
NO
•• Secondo D. Olivieri e G. B. Pellegrini, può essere associato a Inveruno (MI), dal composto gallo-lat. Eburo-dūnum ‘fortezza del tasso (pianta)’, dal gall. eburos ‘tasso’ (G. B. Pellegrini) [stando a X. Delamarre, un a. *Eburo-dūnon ‘forte dei tassi’, o ‘del Tasso’ o anche ‘di *Eburos’], oppure da un *eburunum, costituito da *eburos ‘tasso’ + un suff. -unum [forse da un gall. *-uno-, suff. diminutivo per J. Degavre] e con -n- epentetica, «come in Invreia, per Ivrea» (C. Marcato).
A. Rossebastiano (1990); C. Marcato (1990), s. v. Inveruno; G. B. Pellegrini (1987): 115; G. B. Pellegrini (1990b): 127; J. Degavre (1998): 456; J. Lacroix (2003): 78, 103; J. Lacroix (2007): 28-32; X. Delamarre (2008): 159; X. Delamarre (2012): 148.

Vévera
io.
NO
•• Secondo A. Costanzo Garancini, Vevera va ricondotto al celt. bedum [gall. *bedo- ‘fossa, canale’] attraverso il lat. medievale bedale.
Da non escludere una derivazione dall’italiano arcaico bévero < lat. tardo beber, acc. bebrum < gall. bebros, bebrus ‘castoro’.
X. Delamarre pensa che Vévera rifletta il tipo *Bebrā ‘fiume dei castori’. Cfr. l’io. Bévera (Ventimiglia, IM), ma anche gli idronimi francesi Vèbre (Hérault, Drôme, Ariège) da un “prototipo” *Vebruā > *Vebrā ‘il fiume ambrato’.
A. Costanzo Garancini (1975): 51-2; G. B. Pellegrini (1992): 113, 358, 364; X. Delamarre (2008): 69-70; X. Delamarre (2012): 73, 260.

Viverone
po.
BI
Dial. vivrón.
Vevrono (1127), Viverono (1145), Vevrone (1221), Veverono (1349), Viverone, Viveron.
• Prediale asufissato da un NP lat. Veprio -onis o Vibrio -onis (P. Massia, D. Olivieri).
È possibile rifletta un personale d’origine celt. Vebro, da *Ue-bron- < ue-, uo- ‘sotto’ + bron- ‘seno, petto’ (cfr. Broni, PV), o anche un NP connesso con il gall. vebru- ‘ambra’. Potrebbe inoltre risalire all’italiano arcaico bévero, bìvero, dal lat. tardo beber (acc. bebrum, var. *bibro-), prestito dal gall. bebros, bebrus ‘castoro’. Cfr. gli idronimi Bévera (Ventimiglia, IM) e Vévera.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1992): 113, 358, 364; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 308, 323-4, 91-2, 69-70.

Vogogna
po.
VB
Vegonia (970), Vegogna (1102).
•• Si può ricondurre, secondo P. Massia, al NP femminile *Veconia, da un *Veco, *Veconis di origine celt., da cui deriverebbe il Veconianus riportato da W. Schulze (D. Olivieri); oppure a un Veconius, Viconius ipotizzato da G. Flechia alla base di Viconago (Cadegliano-Viconago, VA).
In effetti *Veconius, *Viconius non risultano attestati, a differenza di Vecconius, Veconus, da ue- < uo- ‘sotto, sub-’ + -conus < coni-, cone- ‘cane’, ‘lupo’. Un *Viconius si può supporre sulla base del NP composto Ollo-uiconis, da ollo- ‘grande’ + uicon- (uic-, uico-) ‘vincitore’.
Vegonia può dipendere da una forma *Uec(c)oniā ‘possedimenti di *Vec(c)onios’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 323-4, 131-2, 240, 317; X. Delamarre (2012): 260.