Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







venerdì 5 novembre 2010

Toponimi di Toscana, Umbria, Marche di possibile origine celtica



Esino
io.
Marche
Αἶσις (Aîsis), poleon. Αἴσιον (Aísion) (Strabone, V, 2, 10), Aesis (Tito Livio, Mela, Plinio; sia idron. che poleon. = attuale Jesi).
•• Esino riflette una forma Aesīnus ‘relativo ad Aesis’. G. Devoto riconduceva Aesis a un preie. *aiso- / *ais- ‘acqua, fonte’ o simile, G. Alessio a un preie. *is-. Al contrario, H. Krahe pensava a una base *ais- / *is- “paleoeuropea” (indeuropeo preceltico); vd. Isarco.
X. Delamarre ipotizza per Aesis una formazione «*AisuīAisis ‘fiume di Esus’», confrontabile con la sequenza *Dubuī ‘la nera’ → *DubīDubis (attuale Doubs, Francia e Svizzera).
Si tratta forse di nome attribuito al fiume dai Senoni.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2012): 41, 142.

Òsimo
po.
AN
Localmente òʃemu, òʃimu.
Auximum, Auxumum, Ausumum (iscrizioni), etn. Auximas, Auximatis (Auximates, in Plinio, N. H., III, 63); Auximi civitate (1147), Auximum (1290-1292).
• Dall’antico Auximum, che potrebbe essere corradicale del greco αὔξιμον (aúximon) ‘fertile’, αὔξω (aúxō) ‘cresco’.
Si ipotizza anche un’origine celt. di Osimo, da Axuma ‘città elevata’ (A. Peretti); o da Auximum, confrontabile con *Ouxama, attuale Axams (Tirolo, Austria): Ouxumenes (955-975), Auxun (1200 c.a), Auxumes (1228), Ouxams (1288). Ouxama è un superlativo *ouk(i)sm̥mā ‘il luogo il più in alto o molto in alto’, da *ouxu- < *[h1]oupsu-; cfr. l’a. irl. ós, úas ‘al disopra, in alto’ (P. Anreiter, U. Roider).
C. Marcato (1990); M. Landolfi (1987): 448; P. Anreiter, U. Roider (2007): 116-7.

Sena
io.
AN
Nome latino dell’attuale fiume Misa, alla cui foce si trova Senigàllia.
Senaque (Lucano, II, 407), Flumen etiam Sena a quo et oppidum dicitur (Schol. ad Lucanum, II, 407).
• L’idron. Sena viene generalmente ricondotto al gall. *seno- ‘vecchio’, da cui il significato di ‘fiume vecchio’. Da Sena deriva forse il poleon. Sena Gallica, attuale Senigàllia.
A tale proposito, C. Marcato osserva: «si confronta col toponimo il nome del fiume Sena (la relazione è di interdipendenza, ma non è sicuro il tipo di rapporto)».
Si può prendere in considerazione anche il radicale celt. *sen(H)- ‘vincere’, che forse è alla base dell’etn. Senones.
C. Marcato (1990), s. v. Senigàllia; G. B. Pellegrini (1987): 106; G. B. Pellegrini (1990b): 116; A. Falileyev (2007), s. v. Sena fl.; J. Lacroix (2003): 196.

Senigàllia
po.
AN
Σήνα (Sḗna) (Polibio, II, 14, 11 ecc.; Strabone, V, 2, 10), Senagallia (Plinio, N. H., III, 113), Σήνα Γάλλικα (Sḗna Gállika) (Tolomeo, III, 1, 19), Senogallia (Itinerarium Antonini, 100, 6; 316, 3), Sena Galli (Tabula Peutingeriana, V, 3); Senogalia, Sinogallia, Sinogalia, Sygnogalia, Sygnogaglia, Sena Gallica (attestazioni medievali).
Senigallia continua il poleon. lat. Sena Gallica, costituito da una forma gall. Sena ‘la vecchia’ (dal pan-celtico *seno- ‘antico, vecchio’; cfr. l’a. irl. sen, il cimr., corn., br. hen < *senos) e un aggettivo lat. Gallica, attribuito alla Sena adriatica per distinguerla da quella etrusca: Sena, Saena Etruriae, l’attuale ‘Siena’.
Sena era anche il nome del fiume (attuale Misa) alla cui foce era sorto il centro abitato antico, che dunque verosimilmente ha tratto il nome dall’idronimo stesso.
Secondo A. Falileyev però, è probabile che Sena sia etrusco. Dovrebbe quindi trattarsi dello stesso nome antico alla base della Siena toscana.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 106; G. B. Pellegrini (1990b): 116; A. Falileyev (2007), s. v. Sena Gallica; X. Delamarre (2008): 269-70.

Sentinum
po.
Sassoferrato, AN
Localizzata presso Sassoferrato o in Sentino (Camerino, MC). Nel suo agro si svolse nel 295 a.C. la battaglia fra Romani e Sanniti (e loro alleati).
in agrum Sentinatem (Tito Livio, X, 27), Σεντῖνον (Sentînon) (Strabone, V, 2, 10).
•• Da X. Delamarre e A. Falileyev vien ricondotto al tema gall. *sent(u)- ‘cammino’, e precisamente, per Delamarre, si tratterebbe di un «toponimo personale» *Sentinon ‘proprietà di *Sentinos’ (una fondazione attribuibile a un Senone dell’Ager Gallicus). Cfr. gli antroponimi d’origine celt. Sentinus, Sentius, Sentilla (e l’a. irl. sét, il cimr. hynt ‘cammino, viaggio’).
Sentino è il nome del torrente che scorre tra Sassoferrato e l’antica Sentinum.
C. Marcato (1990), s. v. Sassoferrato; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 270; X. Delamarre (2012): 236.

Vendaso
po.
Fivizzano, MS
•• Forse da un abl. pl. *Vindacis (G. D. Serra).
Può darsi rifletta un “prototipo” *Uindācion o *Uindāciā ‘proprietà di *Vindācios’; il NP Vindacius è attestato. Vd. Vendasio, Tricesimo (UD).
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; X. Delamarre (2012): 269.

Versìlia
co.
LU
Versilia (769, 804).
• Non deriva da un NP a. *Versilius, *Versilia (ricostruito sulla base di Versinius), come si pensava un tempo, bensì dall’idron. a. Vesidia, cui dovrebbe corrispondere il fiume di Seravezza, LU (cfr. l’idron. Versìlia). Si può ipotizzare un’evoluzione Vesidia > Vessidia > Versilia, attraverso i mutamenti -ss- > -rs- e -idia > -ilia (S. Pieri) oppure «con sovrapposizione di versare» (P. S. Pasquali).
Vesidia richiama il NP di origine celt. Vesidius, forse da uesi- > ues-, confrontabile con uesi-, ues- ‘buono, degno, valido’. Versinius può forse essere analizzato come *Uer-sen-io-: cfr. Versenus, formato sul tema celt. seno- ‘antico, vecchio’ [o un radicale celt. *sen(H)- ‘vincere’]. Potrebbe trattarsi di basi e nomi appartenenti anche all’a. ligure.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 317, 269-70; J. Lacroix (2003): 196.

Versìlia
io.
LU, MS
fl. Vesidia (Tabula Peutingeriana, IV, 2).
• → co. Versìlia.
C. Marcato (1990).

Toponimi dell’Emilia-Romagna di possibile origine celtica


Ambitrebius, Pagus
po.
PC
Localizzabile tra Val Trebbia e Val Nure.
Attestato unicamente dalla Tabula Alimentaria di Veleia (1, 3; 2, 39; 4, 40 ecc.): in Veleiate pago Ambitrebio.
•• Secondo G. Petracco Sicardi, si tratta di un composto *ambi-treb-i̯a ‘il pago che si estende sulle rive del Trebbia’, dall’ie. *ambhi- ‘attorno (a)’ + l’idron. Trebia + il suff. aggettivale -i̯o-.
A. Falileyev attribuisce al toponimo il valore de ‘(L’insediamento) su entrambi i lati (di Trebius)’, significato non del tutto chiaro perché Trebius può essere inteso come idronimo maschile, mentre ci si apetterebbe il femminile Trebia. Più evidente invece il significato di ‘proprietà attorno alla Trebiā’ proposto da X. Delamarre per quella che dovrebbe essere la forma originaria del toponimo: *Ambitrebion.
Delamarre però, qualche anno fa aveva interpretato Ambitrebius come nome etn. con l’accezione di ‘abitante dei dintorni di Trebia’, con Trebia che pare piuttosto un poleon., ma al tempo stesso riteneva Trebius, Trebia, NNP di origine celt., dalla radice treb- ‘abitazione’.
In ultima analisi, è forse preferibile assegnare a Pagus Ambitrebius il significato di ‘pago degli Ambitrebii (= quelli che vivono sulle due rive del Trebia)’, per analogia col pago Bagienno – ‘pago dei Bagienni’ – della Tabula Alimentaria di Veleia, (1, 42, 50 e 3, 36, 55). Ambi- corrisponde al gall. ambi- ‘intorno, sui due lati’; cfr. cimr., corn., br. am, a. irl. imb < *m̥bi ‘attorno a, intorno’ < ie. *h2(e)mbhi ‘attorno a’. Vd. l’io. Trebbia.
G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 34; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 41-2, 300; X. Delamarre (2012): 49.

Bedesis
io.
FC, RA
Fiume antico; oggi Ronco-Bedese.
cum amne Bedese (Plinio, N. H., III, 115).
• Derivato dalla voce gall. *bedo- ‘fossa, canale’; cfr. l’io. Bealèra, TO.
G. B. Pellegrini (1987): 107-8, 160; G. B. Pellegrini (1990b): 118-9; A. L. Prosdocimi (1988): 410; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2008): 70.

Bedonia
po.
PR
saltum Bituniam, saltus praediaque Bitunias (Tabula Alimentaria di Veleia, 3, 32, 75; 6, 60); Bedonia (1285).
•• Riflette il toponimo lat. Bitunia della Tabula Alimentaria di Veleia (con ŭ presupposta dalla o romanza), ritenuto da G. Petracco Sicardi un prediale in -i̯o- dal NP d’origine gall. Bitunus o «dal relativo gent. [gentilizio] Bitunius».
Inappropriato l’accostamento al NP lat. Bitonius (W. Schulze) proposto da D. Olivieri; nel complesso da scartare l’etimo ipotizzato da G. Devoto (e G. B. Pellegrini), da *gʷetu- ‘terreno argilloso’ (cfr. l’a. indiano jatu ‘gomma’ e l’anglosassone cwidu ‘resina’).
Bitunus e Bitunius si riconducono al celt. bitu- ‘mondo vivente’ (da cui l’a. irl. bith, l’a. corn., l’a. br. bit, il br. bed ‘mondo’) < *gʷi-tu- < ie. *gʷeih3- ‘vivere’.
C. Marcato (1990); G. Petracco Sicardi (1981): 73; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 38-9; G. B. Pellegrini (1990b): 103; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 76-7; X. Delamarre (2012): 79.

Bentivoglio
po.
BO
• → Duno, Santa Maria in.
C. Marcato (1990).

Berceto
po.
PR
Dial. bar'säi.
Bercetum, Berceti (antiche carte).
•• D. Olivieri lo connette ai toponimi toscani Berceto, Berceti, Berceta, Bercete, riconducibili secondo S. Pieri al lat. quercētum ‘bosco di querce’.
Ma per G. Petracco Sicardi non va esclusa un’identificazione con il Berusetis della Tabula Alimentaria di Veleia: saltus praediaque Berusetis (6, 66), analizzabile come abl. pl. di *berusetum, derivato in -ēto- (suff. lat. «ben noto per la formazione di collettivi da fitonimi») da una base *ber-us(o)- che «non ha però riscontri precisi» [1].
L’identificazione viene condivisa anche da A. Falileyev e X. Delamarre.
A. Falileyev pensa a un possibile composto Beru-setis, la cui «celticità non è del tutto certa»; vi si possono riconoscere, nella prima componente, basi come bero- (‘portante, portatore’ o ‘giudicatore, declamatore’) oppure bergo-, bergu- ‘monte, collina, altura’, e, nella seconda, un elemento *seto-, che per Isaac potrebbe essere celtico – alla base dei NNP Setus, Setuleius, Setupokios, *Setu-bogios (< sentu- ‘cammino’?) viene ipotizzato un tema setu- da Delamarre, che però in Beru-setis riconosce i temi celt. beru- e seti- (cfr. il NP Seti-bogius).
C. Marcato (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 38; G. B. Pellegrini (1990b): 348; A. Falileyev (2007), s. vv. Saltus Berusetis, bergo-, bero-; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 81, 270; X. Delamarre (2012): 77.

Bertinoro
po.
FC
Dial. bartnóra; arcaico: bartnuóra.
Brittinorum (1039), Bretenoro (1122), Bretanorium (1177), Brettinoro (in Dante Alighieri, Purg. XIV, 112).
• Pare essere la continuazione di un originario gen. pl. lat. in -orum dell’etn. Britti ‘Bretoni’, che si spiegherebbe con la presenza di «un centro religioso di monaci bretoni in età altomedievale» (o eventualmente pellegrini, provenienti dalla Piccola o dalla Grande Bretagna, nel X-XI sec.). Da non escludersi però dipenda da un personale Bretto («dall’etnico»), Brictus o Berto (vd. G. D. Serra e F. Violi).
Vi sono però antroponimi d’origine celt., come Brit(t)us e Brit(t)o, che si riconducono al gall. britu-, brito- ‘giudizio, pensiero’. Come rileva X. Delamarre, probabilmente s’è prodotta «confusione, in Gallia romana, con la denominazione latina dei ‘Bretoni’», cioè con i vari Brittones, Britanni, Britannicus, ecc. (e i personali connessi quali Brittus, Britto, Brittinus), da una base Brit(t)- risalente a un celt. (pitto?) *prit-; cfr. Britanni < *Pritani.
Un personale Brictus va invece accostato a Bricta (teonimo) e Bricto, dal tema gall. brixta, bricta ‘magia’.
C. Marcato (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 88-9, 90.

Besenzone
po.
PC
Dial. bʃinsón.
Ecclesia de Besenzono, de Besençono (XIII sec.), de Besenzono (XIV sec.).
•• Dal NP Vesentio (gen. Vesentiōnis), variante di Vesontio, nome «d’ambito ligure-celtico» da cui deriva il poleon. francese Besançon (F. Violi).
Cfr. anche il NP d’origine gall. Uesonticus, il teon. Uisontis e l’io. Bisagno (GE), Vesano (X sec.), nomi da connettere forse alla base gall. uesu-, ues- (talvolta uisu-) ‘valido, buono, degno di’ (oppure a un radicale celt. *ves- ‘curvare’?); per X. Delamarre Vesontio sarebbe formato su un tema *wes-on-ti- ‘primaverile’ (cfr. l’ie. *u̯es-r̥ ‘primavera’).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 317; J. Lacroix (2003): 92; X. Delamarre (2012): 268; J. Pokorny (2005): 1174.

Bobbio
po. e io.
PC
Dial. bòbi.
•• Secondo D. Olivieri si tratta di un toponimo asuffissale dal NP lat. Bovius (W. Schulze) piuttosto che da un NP germ. Bobilo (E. Förstemann).
Bovius (con Bovus) è ritenuto d’origine gall. da X. Delamarre, da *bou-, *bouo- ‘vacca, bue’. Bobbio potrebbe dipendere da un *Bouion ‘proprietà di *Bovios’.
Non è chiaro se sia il poleon. a derivare dall’idron. o viceversa.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 79-80; X. Delamarre (2012): 85.

Bologna
po.

Bondéno
po.
FE
Bondeno (753).
• In origine Bondeno era il nome di un «canale sulla destra del Po presso il quale è sorto poi il paese» (cfr. G. Pardi).
Dal gall. bunda ‘conca, convalle’ (REW 1392) [‘suolo, fondo’ per X. Delamarre] o dal NP germanico Bondo (D. Olivieri, G. B. Pellegrini). → Bondo (TN).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 111-2; G. B. Pellegrini (1990b): 123-4; X. Delamarre (2008): 94.

Bondiolo
po.
Faenza, RA
Bondiolo (1290).
• → Bondéno.
G. B. Pellegrini (1987): 112; G. B. Pellegrini (1990b): 123-4.

Bore
po.
PR
Dial. bóri.
•• Probabile toponimo asuffissale da un NP lat. Bur(r)ius (W. Schulze).
Burius e Burrius possono essere NP d’origine celt., connessi rispettivamente con Burus (Būrus) < būro- ‘furioso’ (cfr. l’a. irl. búire ‘rabbia, furore’) e con Burrus, Burra < burro- ‘gonfio’, ‘fiero, insolente’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 94; X. Delamarre (2012): 93.

Breno di Mezzo
po.
Borgonovo Val Tidone, PC
Lungo il corso del torrente Tidone.
• → Breno (BS).

Brescello
po.
RE
Dial. bersèl.
Brixillum (Plinio, N. H., III, 115), Brixellum (Tacito, Hist., II, 33 e 39), Βρίξελλον (Bríxellon) (Tolomeo, III, 1, 46), Brixello (Itinerarium Antonini, 283, 4); etn. Brixellani (iscrizione); Brixillum (1099), Berxello (1270), Birsillo (1304).
•• Dal lat. Brixellum, costituito dalla base celt. *brig-s- + il suff. diminutivo -illo-. Secondo P. de Bernardo Stempel, sarebbe un derivato di Brixia, con il valore di ‘la piccola Brixia’; vd. Brescia.
X. Delamarre ricostruisce un “prototipo” *Brigsellon (*Brig-s-ello-) ‘la collina, l’altura’.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 103-4; G. B. Pellegrini (1990b): 114; X. Delamarre (2008): 87; A. Falileyev (2007); P. Anreiter, U. Roider (2007): 105-6; X. Delamarre (2012): 89.

Broletto
po.
Albinea, RE
•• Microtoponimo costituito dal diminutivo della voce brolo, continuazione del gall. *brogilo- ‘piccolo bosco recintato’ (> ‘frutteto’), diminutivo di *brogi- ‘territorio, regione, frontiera, marca’ (< *mrogi-).
G. B. Pellegrini (1987): 120, 332; G. B. Pellegrini (1990b): 129; P.-Y. Lambert (1994): 190; X. Delamarre (2008): 91; X. Delamarre (2012): 91.

Bùdrio
po.
BO; Correggio, RE; Longiano, FC; Casola Valsenio, FC; Cotignola, RA
Budrio è toponimo diffuso in Emilia-Romagna, «comunissimo specialmente nell’area romagnola» (stando ad A. Polloni, nel XVI sec. se ne contavano 500 circa). Deriva «da un appellativo col significato di ‘fosso’ e simili (cfr. Du Cange I, 717 “butrium seu fossatellus”)», voce d’origine prelatina (→ Butrium) alla quale presumibilmente s’è sovrapposto il termine greco-latino bothros (> italiano botro, borro), «che si ritiene parola irradiata dall’Esarcato». Cfr., in provincia di Bologna, le località Buca del Budriolo (nel Parco dei Gessi Bolognesi) e Le Budrie (S. Giovanni in Persiceto).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 160.

Budrione
po.
Carpi, MO
• → Bùdrio.

Butrium
po.
RA
Città degli Umbri, secondo Plinio; era indicata sulla Tabula Peutingeriana a sei miglia a nord di Ravenna (per A. Falileyev, a ovest della località Casa Rossa).
Βούτριον (Boútrion) (Strabone, V, 1, 7), Umbrorum Butrium (Plinio, N. H., III, 115), Butrio (Tabula Peutingeriana, V, 1).
•• Per A. Falileyev, il toponimo, «se celtico», potrebbe derivare da un tema boutro- ‘sporco’ < ie. gʷeu-tr-o- o *gʷou-tr-o- < ie. *gʷeu- ‘escrementi’ (cfr. il medio irl. búaidir ‘agitato, confuso’ e il medio cimr. budyr ‘sporco’).
X. Delamarre ricostruisce un “prototipo” *Butrion ‘il fossato’, oppure ‘proprietà di *Butrios’ (‘di *Butturios’?); cfr. il «latino medievale (< gallico) butrium seu fossatellus», e il NP di origine celt. Butrio collegato a una base buto- < ie. *bheu(H)- ‘abitare’ (gall. *buta ‘capanna, dimora’).
Vd. Bùdrio.
C. Marcato (1990), s. v. Bùdrio; G. B. Pellegrini (1987): 160; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 95; X. Delamarre (2012): 94.

Careno
po.
Pellegrino Parmense, PR
fundos Caesianos Naevianos Firmianos Arranian(os) Carigenum (Tabula Alimentaria di Veleia, 3, 96-7).
• Dal prediale (fundus) Carigenus, secondo G. Petracco Sicardi composto dalle basi *kar(o)- e -geno-. Di queste, la prima è individuabile anche in due altri toponimi liguri antichi: Carucla (Tabula Alimentaria di Veleia, 7, 57) e Caruscum (Livio, XLII, 7); la seconda (-geno-) si ritrova come componente di vari antroponimi celtici e liguri, quali i NNP liguri Velagenius, Velagenus, Enigenius, che «sembrano toponimi fondiari, in cui l’elemento -geno- faccia le veci dei suffissi denominativi *-i̯o- o -āno-».
Gli elementi lessicali di *Cari-geno- potrebbero essere in effetti temi di origine celtica (ma non si può escludere che siano appartenute anche al “ligure” antico): a) cari-, care- [possibile corradicale di caro- ‘caro, amico, amato’ (< *car- ‘amare’)], da cui derivano NNP quali Carilos, Carinus, Care-tenus, Cari-natius; b) -gen(n)o- ‘discendenza, famiglia’, alla base di NNP composti come Medi-genus, Medu-genus, Rectu-genus, Retti-genus.
G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 42; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 106-7, 176-7.

Caverzago
po.
Travo, PC
Fund(um) Aestinianum Antistianum Cabardiacum, Fund(um) Cabardiacum veterem (Tabula Alimentaria di Veleia, 2, 47 e 66); Minervae Cabardiacensi (CIL XI, 1301).
•• Secondo G. B. Pellegrini, si tratterebbe di un toponimo fondiario in -ācum *Capertiācum, dal gentilizio lat. Capertius.
Per A. Falileyev invece Caverzago coinciderebbe col Fundum Cabardiacum di alcune iscrizioni da Travo e Piacenza, prediale in -āko- però «non necessariamente celtico». Cabardiācum (*-ācon) sarebbe formato con un NP *Cabardius, *Cabardios, confrontabile con il toponimo a. Cabardensis pagus, oggi Mas-Cabardès (Aude) < *Mansus Cabardensis (de Manso Cabardesii nel 1248). Non si può escludere una derivazione dal celt. cabo- ‘bocca, gola’.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 186; G. B. Pellegrini (1990b): 311; A. Falileyev (2007), s. v. Minerva Cabardiacensis; A. Holder (1961-1962); A. Dauzat (1978); X. Delamarre (2008): 432; X. Delamarre (2012): 94.

Coli
po.
PC
Dial. cor.
in Caulo (862, 883), de Caula (883), de Colli (1207)
• Da un NP lat. quale Caurus, «cognomen attestato nella Venetia», con scambio r > l; «Coli pare un rifacimento cancelleresco».
X. Delamarre riporta tra in NNP di origine celt. sia Caurus (con Caura e Cauru) sia Caulus (con Caula e Caulius), da una base caulo-.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007).

Dolo
io.
RE, MO
Dullus (781).
• Idronimo dall’«etimo oscuro» secondo A. Costanzo Garancini.
L’attestazione d’epoca altomedievale rinvia forse a un NP *Dullus, da accostare ai nomi Dullius, Dulli-bogius, Dula, riconducubili al tema gall. dulio-, dulli- (*dola, *dula ‘foglia’); cfr. l’a. br. dol ‘foglia’ (< *doli̯a).
A. Costanzo Garancini (1975): 126; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 146.

Dorba
io.
PC
Torrente.
•• Per A. Costanzo Garancini si tratta di un nome dall’«etimo oscuro».
Forse dal gall. *dubron ‘acqua’, pl. dubra (a. irl. dobur, br. dour ‘acqua’), come gli idronimi Douvres (Ain, Calvados, Jura, Hte-Savoie), Dèvre (Cher), Dobra (Spagna), tutti da un a. *Dubrā ‘le acque’.
In Dubra > Dorba s’è realizzata una metatesi -br- > -rb-, rilevabile anche nell’idron. francese Dourbie (Gard), fl. Durbiae (1278), da una forma *Dubriā.
A. Costanzo Garancini (1975): 115; A. Dauzat (1982); X. Delamarre (2008): 151-2; X. Delamarre (2012): 143.

Dorbida
io.
PC
• Va forse accostato all’idron. Dorba.
"http://www.appennino4p.it/colombano".

Dòrbora
io.
PR
• Secondo A. Costanzo Garancini, Dorbora è d’«etimo oscuro».
Sembra richiamare il nome del torrente Dorba.
A. Costanzo Garancini (1975): 119.

Dòrbora
po.
Bardi, PR
• Vd. l’idron. Dòrbora (PR).

Duno, Santa Maria in
po.
BO
Oggi Bentivoglio; Santa Maria in Duno fino al 1885.
ecclesie S. Marie de S. Maria in Donis (1300).
• Dal gall. dunum ‘luogo fortificato’ [dūnum ‘fortezza’, ‘collina’ → Duno (VA)], con esito u > o «davanti a consonante nasale avvenuto in epoca romanza e tipico dell’area dialettale emiliana».
C. Marcato (1990), s. v. Bentivòglio; G. B. Pellegrini (1995): 48.

Eboreus
po.
Bobbio, PC
Corrisponde, all’incirca, al territorio di Bobbio.
Pagus indicato nella Tabula Alimentaria di Veleia (5, 22): in Veleiate et in Libarnensi pag(is) Domitio Eboreo.
• Da collegarsi con il toponimo fondiario Eburelia, Eborelia. Secondo G. Petracco Sicardi, la -o- potrebbe essere «il riflesso protoromanzo di u breve latina»; il suff. -eus va confrontato con quello di alcuni aggettivi latini derivati, quali fageus da fagus e aureus da aurum, oppure è da ritenersi di origine ligure.
Il toponimo dipenderebbe dal gall. (e forse anche “ligure”) *eburo- ‘tasso’, voce priva di etimologia. Cfr. l’a. irl. ibar ‘tasso’, i toponimi Eburacum > York (Gran Bretagna), Eburo-dūnum > Yverdon (Svizzera) e Embrun (Francia), Eburomagus > Bram (Francia), e, con la -o-, Ebora > Evora (Portogallo) e Cortijo de Evora (Spagna).
G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 48-9; J. Lacroix (2003): 78, 103; J. Lacroix (2007): 28-32; X. Delamarre (2008): 159.

Eburelia
po.
Bettola, PC
Fondo identificato con l’attuale Ebbio (Bettola).
Toponimo fondiario della Tabula Alimentaria di Veleia (1, 45; 2, 6): fundum Ebureliam; saltum Eboreliam.
•• Secondo G. Petracco Sicardi, deriva dal gall. *eburo- ‘tasso’ + il suff. ligure -elio- al femminile, perché concordato dapprima a un sostantivo femminile, forse silua. Vd. Eboreus.
X. Delamarre presuppone una forma pl. *Eburelia ‘possedimenti di *Eburelios’, confrontabile con il NP Eborellius (Bologna).
G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 49; X. Delamarre (2008): 159; X. Delamarre (2012): 148.

Enza
io.
PR, RE
Inciam (Plinio, N. H., III, 118); Incia (781, 948).
•• Di origine prelatina.
Forse dal gall. inci(o)- («la base Inc- sembra celtica»), individuato da X. Delamarre anche nei NNP Com-incilo, Incia-vvervaus (*Incio-vervaus) e nel teonimo Inciona.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 164.

Forum Gallorum
po.
Castelfranco Emilia, MO
Identificabile nell’odierna Pradella.
Forum Gallorum (Cicerone, ad. Fam., 8. 30), Ἀγορά Κελτῶν (Agorá Keltôn) (Appiano, B. C., III, 70), Foro Gallorum (Tabula Peutingeriana, IV, 4), Forum Gallorum (Cosmografia ravennate, IV, 33, 272).
• Toponimo costituito dal lat. forum ‘piazza, mercato’ + l’etn. Galli, con il valore d’insieme di ‘mercato dei Galli’.
C. Marcato (1990), s. v. Castelfranco Emilia; G. B. Pellegrini (1987): 109; G. B. Pellegrini (1990b): 121; A. Falileyev (2007).

Gabellus
io.
Emilia, Lombardia
Nome antico del Secchia [da Secula (III sec. d.C.), Sicla (781), Secla (787), dalla radice ie. *sec- ‘tagliare’].
Gabellum (Plinio, N. H., III, 118).
•• Idronimo antico, per C. Marcato «da assegnare ai liguri e riconducibile alla base preromana *gaba / *gava ‘torrentello di montagna’» (con il tipico suff. ligure -ello-, secondo R. Chevallier).
Di diverso parere invece F. Violi e B. A. Terracini: per il primo Secula «potrebbe essere un calco di Gabellus», voce di origine celt. significante ‘forca, arco’; per il secondo, Gabellus «sarebbe la traduzione celtica del ligure Secula».
Anche A. Falileyev ritiene Gabellus d’origine celt., da un gabalo- (forse in una variante *gabelo-), da ritenersi una forma latinizzata del gall. *gablo- ‘forca’. Vd. Gavello (RO; Mirandola, MO; Bondeno, FE).
Diversamente, X. Delamarre riconosce in *Gabellos un possibile idronimo-teonimo celt. *Gab-elo-s, costituito dalla base gab- ‘prendere’ e da un suff. d’agente -(e)lo-.
C. Marcato (1990), s. vv. Sècchia, Gavello; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 184; R. Chevallier (1988): 176-7; G. B. Pellegrini (1987): 161; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2008): 172; X. Delamarre (2012): 153.

Gatteo
po.
FC
Dial. gatì.
fundus Catei (1140), Gatei (1199), Gateo (1290), Cast. Gattei (1371).
• C. Marcato pensa risalga al NP lat. *Cattelius (da raffrontare con gens Cattelia) «in forma asuffissata».
Potrebbe invece riflettere il NP d’origine gall. Cateius, che X. Delamarre associa alla voce gall. cateia ‘arma da getto’ (in Servio, ad Aen., 7, 741, glossato “tela gallica”); cfr. l’a. irl. caithid ‘(egli) lancia’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 110.

Gavello
po.
RO; Mirandola, MO; Bondeno, FE
•• Per C. Marcato Gavello risalirebbe a una voce prelatina *gava / *gaba ‘canalone’, ‘torrente’ (e simili) (J. Hubschmid), piuttosto che al gall. *gabelo- ‘forca’. Però per il Polesine – e il corso del Po, nel caso delle due frazioni omonime – son più verosimili formazioni toponimiche attinenti a componenti geografiche dei territori fluviali di pianura, quali rami, biforcazioni, isolotti. Cfr. anche Gabellus, nome antico del fiume Secchia (Plinio, N. H., III, 118), che secondo A. Falileyev deriverebbe da gabalo- (forse nella variante *gabelo-), forma latz. (assieme a gabulum) del gall. *gablo- ‘forca’ (cfr. l’a. irl. gabul, il cimr. gafl, l’a. br. gabl ‘forca’, tutti da *gablos), mentre per X. Delamarre potrebbe corrispondere a un teonimo celt. *Gab-elo-s < gab- ‘prendere’ + suff. d’agente -(e)lo-. Vd. l’io. Gabellus e Trigáboloi.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 161; A. Falileyev (2007), s. v. Gabellus fl.; X. Delamarre (2008): 172; X. Delamarre (2012): 153.

Medutius
po.
PR
Pagus. Corrisponde forse alla Val Mòzzola.
In Veleiate pago Medutio (Tabula Alimentaria di Veleia, 5, 42 e 6, 37).
• Da medu- ‘sentenza, giudizio’ [ie. *med- ‘misurare’] o ‘bevanda inebriante’, da confrontarsi con il NP Medussa (M. G. Tibiletti Bruno).
X. Delamarre colloca Medussa (*medu-ssa) tra i derivati di medu ‘idromele’, ‘ebbrezza’? < ie. *medhu ‘idromele’. Vd. l'io. Meduna (PN).
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 183, 186; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 221-2.

Metti
po.
Bore, PR
saltus praediaque Mettiae (Tabula Alimentaria di Veleia, 6, 69).
Mettiae potrebbe essere il loc. sing. di un femminile in -i̯ā-; riflette il gentilizio Mettius, di probabile origine italica (G. Petracco Sicardi). Mettius però, e così pure Mettus, Metia, Metilus, è posto tra i NNP celtici da X. Delamarre [dalla rad. ie. *met- ‘mietere’?].
G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 63; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 225.

Mocogno
po. e io.
Lama Mocogno, MO
Torrente e frazione.
Ecclesia S. Johannis de Mochogno (XIII sec.).
• Dal NP lat., di origine celt., Mocconius (F. Violi; C. Marcato), dal gall. mocco- ‘porco, cinghiale’; cfr. anche i NNP Moccus, Mocus, Mocca, Moco, Moccius.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 227.

Modena
po.
Dial. mòdna.
Μοτίνη (Motínē) (Polibio, III, 40), Μουτίνη (Moutínē) (Strabone, IV, 6-7; V, 12), Mutina (Livio, XXI, 3), Mutina (Plinio, N. H., III, 115), Μουτίναν (Moutínan) (Tolomeo, III, 1), Mutena (Itin. Hierosolymitanum, 616; IV sec.).
•• Dal lat. Mutĭna, attraverso una possibile evoluzione Mòtina > Mòdana > Modena. C. Tagliavini associava Mutina all’etrusco mutna / mutana ‘tomba’, «che sarà in rapporto con una base preromana (definita “mediterranea”) *mut(t)-, *mot(t)- ‘collina; rialzo di terreno’ sulla quale si fondava l’interpretazione di [G.] Bertoni 1925, 3-5».
Per P. de Bernardo Stempel Modena sarebbe d’origine celt., da *mut-īnā ‘la città nebbiosa’ (< ie. *meut-); cfr. l’irl. mothar ‘banco di nebbia’ (a. irl. mothar ‘massa confusa e oscura’, detto di tenebre).
X. Delamarre prospetta invece la continuazione di un «toponimo personale» *Mūtinā ‘possedimenti di Mūtinos’; cfr. i NNP Mutinos (in monete degli Ambiani), Mutacus, Muticus (< *muto- < ie. mū- ‘muto’).
C. Marcato (1990); F. Benozzo (2002): 261; A. Falileyev (2007), s. v. Mutina; J. Vendryes (1959-), s. v. mothar; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 202.

Modolena
io.
RE
Mutilena, Motelene (882-1183).
• Secondo A. Costanzo Garancini, possibile omonimo dell’antico fiume modenese Muclena, Moclena [errata lettura per Modena?], forse dal lat. mutulus ‘mucchio, colle’ < prelat. *mut- ‘sporgenza’.
Da non escludersi una possibile origine celtica: muti- (< muto-, cfr. i NNP Mutacus, Muticus, Mutinos, Soli-mutus) + -lena (< lēno-, lēn- ‘bosco, boschetto?’, cfr. i NNP Laenus, Lenus, Amma-lenus, Ati-lena, Carvi-liena, Vassi-lenus ecc.).
A. Costanzo Garancini (1975): 124; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 435.

Nicelli
po.
Ferriere, PC
Nell’alta Val Nure. Corrisponde al top. antico Nitielius.
vico Nitelio; fund(um) Atilianum Nitielium (Tabula Alimentaria di Veleia, 1, 44; 3, 35).
•• Per G. Devoto, da *nit-i̯o- ‘brillante, pulito’, riferito alla «buona condizione del suolo»; cfr. il lat. nitēre, nitidus, il gall. Nitio-briges, etn. derivato però, secondo A. Holder, da *nitio- ‘battaglia’ e confrontabile con l’a. irl níth ‘combattimento’. Si tratterebbe di un fondiario in -i̯o- dal NP ligure *nitielo- ‘combattente’ (nitielio- sarebbe la forma originaria), da accostare al NP Nitiogenna (G. Petracco Sicardi).
In gallico, tuttavia, il tema nitio- (di Nitio-briges, Nitio-broges, Nitio-genna, Nitiana, Niticus, Nitidus, Nitius, Nitonius) significa ‘indigeno, proprio’, ed è formato da *(e)ni- ‘in, interno’ e -ti̯o-. Non è dunque in relazione con l’a. irl. níth (vd. J. Vendryes) – proprio a nitio- accostava Nitelius, Nitielius M. G. Tibiletti Bruno nel 1978.
X. Delamarre pensa che Nitielium (*Nitielion) possa esser costituito di due parti: *Niti-ēlio-. Il secondo tema si individua in NNP quali Elio-marus, Elius, Elia.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 185; G. Petracco Sicardi (1981): 76; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 65; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 234-5; J. Vendryes (1959-), s. v. níth; X. Delamarre (2012): 206.

Noviodunum
po.
PC
in Placentino pag(o) Novioduno (Tabula di Veleia, 5, 72),
•• Dalla forma aggettivale gall. novio- ‘nuovo’ + il termine gallo-lat. dūnum, da cui il valore d'insieme di ‘nuova fortezza’ – o anche, a parere di G. Petracco Sicardi, ‘la rocca di Novio’. Coincide con altri Noviodunum d’area gallica, corrispondenti a Nevers (Nièvre), Neung, Nouan (Loir-et-Cher), Nieudan (Cantal), tutti continuazione di un originario *Nouio-dūnon = ‘Nuovocastello’ (X. Delamarre). → Duno (VA).
G. B. Pellegrini (1987): 102; G. B. Pellegrini (1990b): 9, 10, 112; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 65; X. Delamarre (2008): 235-6; X. Delamarre (2012): 207.

Pieve Modolena
po.
Reggio Emilia
• → io. Modolena.

Povìglio
po.
RE
in loco Pupilio (1020) [vd. "http://books.google.it/books?id=2LEBAAAAQAAJ&pg=PA11&dq"], in plebe Pupilli, in plebe Pupilii (1230).
Poviglio risulta un prediale asuffissato dal NP lat. Popilius (F. Violi).
Popilius, assieme a Popilia, Poppillus, Poppilos, e altri ancora, è NP d’origine celt., da pop(p)os, pop(p)ilos ‘cuoco, panettiere’ (< *pop- ‘cuocere’).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 251.

Reno
io.
Toscana, Emilia
Rhenum (Plinio, N. H., III, 16, 118), parvi […] Rheni (Silio Italico, VIII, 509).
•• Secondo X. Delamarre riflette un gall. (e celt.) *rēnos ‘la corrente’ (‘fiume’), da una «forma iniziale» *reinos, derivata dalla radice ie. *rei- ‘scorrere’. A *rēnos si riconducono anche l’idron. Rhēnus ‘Reno’ (Rhenum in Cesare, De bello Gallico, I, 1, passim), tedesco ‘Rhein’, e l’a. irl. rían ‘mare, oceano’ (C. Marcato ha erroneamente attribuito al tema rēno- i significati di ‘mare’ e ‘sentiero’).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 109; G. B. Pellegrini (1990b): 120-1, 369; A. Falileyev (2007), s. v. Rhenus fl.; X. Delamarre (2008): 256; X. Delamarre (2012): 98.

Rigossa
io.
FC
• Da confontare con l’idron. gall. Rigusia ‘la potente’ [forse dal celt. rīg- ‘re’ + -us-ia (cfr. SegusiaSusa, TO)], attuale Reuss (Svizzera).
G. Rohlfs (1990): 51; X. Delamarre (2008): 259-60.

Ro
po.
FE
Localmente .
• Diverse le etimologie proposte: dalla lettera greca ro (ρ), da Rhodos ‘Rodi’, dal lat. rota ‘ruota’ (G. Pardi); dal NP germ. *Rodo (D. Olivieri); dal lat. aratus ‘arato’ (G. Pardi). Vd. Rho, MI
C. Marcato (1990).

Rodano
io.
MO
Torrente del Modenese.
• → io. Rodano (Cremona).
G. Rohlfs (1990): 49.

Scarnago
po.
Travo, PC
Secondo M. G. Tibiletti Bruno e X. Delamarre, può forse corrispondere al vicus Caturniacus della Tabula Alimentaria di Veleia (cfr. anche il fundum Caturniacum e il fundum Bassilianum Caturnianum [2]).
vico Caturniaco (Tabula Alimentaria di Veleia, 2, 93).
•• Scarnago si configura come un toponimo fondiario in -ācum (*-ācon) > -ago. Se la corrispondenza col vicus Caturniacus fosse esatta (mancano infatti forme documentarie successive), andrebbe riferito a un gentilizio *Caturnius, da un personale *Caturnus, Caturonus < Caturo, dal tema gall. catu- ‘battaglia’; cfr. i toponimi francesi Chadreugnat (Lafat, Creuse) e Chadourgnac (Dordogne), registrati da A. Holder e da Delamarre, per il quale risalirebbero a una forma *Caturniācon ‘proprietà di *Caturnios’. Vd anche Cadorago, CO.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 186; A. Holder (1961-1962); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 110-1; X. Delamarre (2012): 110.

Scoltenna
io.
MO
Torrente che costituisce il tratto del Panaro dai pressi di Pievepelago (MO) fino alla confluenza con il torrente Leo.
Σκουλτάνναν (Skoultánnan) (acc., in Strabone, V, 1), ad Scultennam flumen (Tito Livio, XLI, 12), Scultennam (Plinio, N. H., III, 118).
• Dal lat. Scultenna, per C. Marcato «nome d’indubbia origine etrusca (cfr. Scoltenna in Toscana)».
P. Sims-Williams lo considera invece celtico, seguendo quanto ipotizzato da A. Holder: una possibile connessione con l’a. irl. scoltaim ‘(io) taglio’ [tema verbale scoilt- ‘fendere, dividere’, forse dall ie. *(s)kel- ‘tagliare’ di J. Pokorny], oppure una derivazione, «attraverso dissimilazione», da una forma *Scuntenna [su cui tuttavia nulla vien detto]. Secondo A. Falileyev però, nessuna delle due proposte dimostrerebbe la celticità dell’idronimo Scultenna.
G. Petracco Sicardi ritiene accettabile la prima ipotesi di Holder. Una forma originaria *Scoltenna — all’incirca col valore di ‘(torrente che) scava il suo letto’, da una base ie. *skolt- ‘fendere’ + il suff. -enno- dell’etn. Bagienni (→ Bene Vagienna, CN) — sarebbe divenuta Scultenna per esito grafico *o > u, «dovuto alla tradizione prob. etrusca del toponimo (l’alfabeto etrusco confondeva o e u nel grafema u)».
C. Marcato (1990), s. v. Panaro; A. Holder (1961-1962); A. Falileyev (2007), s. v. Scultenna; J. Vendryes (1959-), s. v. scoilt-; J. Pokorny (2005); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 71.

Solona
po.
Oppidum degli a. Solonates.
È stata identificata con Sogliano al Rubicone (FC), oppure Terra del Sole (Castrocaro Terme e Terra del Sole, FC), o anche Sant’Agata Feltria (PU) [vd. "http://www.tesoridisogliano.com/pagine/cenni-storici.htm" e "http://www.ancientdream.net/borgo.php?id_bor=203&lang=it"].
Solonates (Plinio, N. H., III, 116), curatori Solonatium (iscrizione; Aemilia, Rimini).
•• X. Delamarre presuppone un originario *Solōnā ‘possedimenti di *Solōnos’, da un tema *Su-louno- > *So-louno- col valore di ‘buona ricchezza’, cui aveva associato anche i significati di ‘buon guadagno’ e ‘buona sorte’ nel suo Noms de personnes celtiques (2007). In quest’opera aveva interpretato l’etn. Solonates come un composto *su-loun-ati-, da una forma su-loun(o)- costituita da su- ‘buono, bene’ + il tema louno- (launo-) > lōno-, lūno- (cfr. i toponimi So-lṓnion, So-loniacum, So-lonianum).
C. Marcato (1990), s. v. Castrocaro Terme; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 194, 208; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 282, 197; X. Delamarre (2012): 240.

Taneto
po.
Gattatico, RE
(vicum) Tannetum (Livio, XXI, 25 e 26; XXX, 19, 7), Tannetum (Itinerarium Antonini, 287, 8; Tabula Peutingeriana, IV, 3; Cosmografia ravennate, IV,33).
•• Secondo X. Delamarre Tannetum, derivando dal gall. tanno- ‘leccio’, significherebbe ‘bosco di lecci’ (cfr. il br. tannen ‘rovere’ e glastannen ‘leccio’), similmente ai toponimi francesi Tannay (Ardennes e Nièvre), tutti da un probabile *Tanneton.
Diverse le etimologie proposte rispettivamente da P. de Bernardo Stempel e G. R. Isaac: rappresenterebbe una forma *tan-eto-, con il significato de ‘il (luogo) lungo’ (cfr. l’a. irl. tanae ‘sottile’); oppure avrebbe il valore di ‘Luogo dei fuochi?’, se riconducibile a un *tanet- (cfr. l’a. irl. tene ‘fuoco’ < *tanets e il medio cimr. tan ‘fuoco’).
X. Delamarre (2008): 288-9; X. Delamarre (2012): 247; A. Falileyev (2007), s. v. Tannetum.

Taro
io.
PR
Tarum (Plinio, N. H., III, 118), mutatio ad Tarum (Itin. Hierosolymitanum, 616), Taron (Cosmografia ravennate, IV, 36); Taronus, Tario (dal XII sec.).
•• Continua il lat. Tarus, che viene ricondotto da H. Krahe alla radice ie. *ter- / *tor- ‘veloce’. G. Rohlfs «accosta più in particolare Taro alla forma celtica tar».
Secondo F. Bader e X. Delamarre, assieme ad altri idronimi tra cui Tartarus [→ Tàrtaro (VR, MN, RO)] e Tardubius [→ Terdóppio (NO, PV)], Tarus (*Taros) risalirebbe al celt. taro- ‘che attraversa’, dalla radice ie. *terh2- ‘attraversare’.
C. Marcato (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 117; A. Falileyev (2007), s. v. Tarus fl.; X. Delamarre (2008): 290; X. Delamarre (2012): 248.

Trigáboloi
po.
FE
Presso la località di Τριγάβολοι (Trigáboloi), il Po si divideva «nei due rami di Padoa e Olana (Volano)». Corrisponde forse a Vigarano Pieve (Vigarano Mainarda, FE).
εἰς Τριγαβόλους (eis Trigabólous) (Polibio, II, 16, 11).
• G. B. Pellegrini lo ritiene di origine celtica, formato da «celtico tri- e indoeuropeo *ghabh(o)lo- (IEW 409)» ‘forca’ [un tema *gabelo- < *ghabh(e)lo-, secondo A. L. Prosdocimi], quindi un composto equivalente al lat. trifŭrcum e dal significato di ‘triforcazione’, con probabile riferimento a «tre rami o lingue di terra paragonabili ad un tridente». J. Pokorny assegna Trigaboloi al venetico, ma in questa lingua ci si aspetta un h- da un ie. gh-.
La componente -gábolo- potrebbe ricondursi al gall. gablos, da cui il gallo-lat. gabalus, gabulum ‘forca’ (prestiti), tutti e tre con inserimento di una vocale epentetica; cfr. l’a. irl. gabul, il cimr. gafl, l’a. br. gabl ‘forca’, dal celt. *gablos (‘ramo forcuto d’albero’ > ‘forca’), con esiti ie. *gh > celt. g e ie. *bh > celt. b.
G. B. Pellegrini (1987): 107; G. B. Pellegrini (1990b): 117-8; G. B. Pellegrini (1991): 75; J. Pokorny (2005): 409; R. Chevallier (1988): 150; A. L. Prosdocimi (1988): 392; X. Delamarre (2008): 172.

Vetto
po.
RE
Dial. vèt.
• «Non ha origine chiarita». Per C. Marcato va forse ricondotto al cognomen lat. Vetto (I. Kajanto).
Da non escludersi una derivazione dal celt. uitio-, uitu- > uetio-, uetu- ‘salice’ (o ‘ramo di salice’): cfr. i NNP Vitus, Vitto, Vittuo, Vettidia, Vettulinus.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 322.


[1] Come precisa G. Petracco Sicardi, il «lat. berula, dal gallico, è anche formalmente lontano». Stando a X. Delamarre [(2008): 73, 324], nel gall. berura, berula ‘crescione d’acqua’ si può individuare una base *beru- ‘sorgente, fontana’, dall’ ie. *bher(u)- ‘sorgente’; cfr. l’a. irl. bir ‘acqua, sorgente’ < *berus [cfr. anche J. Lacroix (2005): 51].

[2] Vd. all’indirizzo web "http://www.romit.org/it/codes_ibc/Provincia%20di%20Piacenza/veleia/veleia_fonti_storiche.htm".


Toponimi del Friuli Venezia Giulia di possibile origine celtica (A - E)


Ambiesta
io.
Cavazzo Carnico, UD
Friul. Ambiéste.
• C. C. Desinan lo collega, assieme ad Ambis (Forni Avoltri, UD), al tardo-gallico ambe ‘rivo’ citato nel Glossario di Vienna . Potrebbe però anche dipendere dal gall. ambi- ‘intorno, sui due lati’ (o ambio- ‘recinto’).
G. A. Pirona (1988): 1464; C. C. Desinan (2001): 43; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 41-2.

Artegna
po.
UD
in Artenia castro (Paolo Diacono, IV, 37); Arthenea (1000 c.a), Retenia (1015).
•• Dal latino Artenia, attestato da Paolo Diacono. Secondo C. C. Desinan deriverebbe da un NP celt. costituito dalla base art- ‘orso’ + un suff. -en- (un originario «appellativo onorifico» dal significato di ‘uomo forte come un orso’, ‘eroe’, divenuto antroponimo), cui s’è aggiunta una terminazione -ea.
A. Falileyev ritiene Artenia «probabilmente non celtico», e raffrontabile con un omonimo Artenia d’Asia Minore, ma suggerisce pure il confronto con «i nomi celtici in arto-» [tra gli altri, Artus, Artemia, Artima, Artinus, Αρτεινος (Arteinos) (galato), Artona, Artonacus/Artenacus, dal celt. *artos ‘orso’ < ie. *h2r̥tk̂os].
Artegna potrebbe infatti dipendere da un «toponimo personale» *Artiniā ‘possedimenti di *Artinios’ o ‘di Artinos’.
C. Marcato riporta altre due proposte etimologiche: il personale lat. Artenius / Artemius, e – «però non è giustificato dalla posizione geografica della località» – il lat. ar(c)tus ‘stretto’. Da escludersi poi la possibilità, richiamata dalla stessa studiosa, di accostamento ai toponimi Arta Terme (UD), Artena (Roma) e Artèn (Feltre, BL), in quanto il primo dipende probabilmente dal lat. ar(c)tus[1], il secondo è di probabile origine etrusca, il terzo apparterrebbe, secondo G. B. Pellegrini, ad un «filone retico o etruscoide».
C. Marcato (1990), s. vv. Artegna, Arta Terme; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 43; A. Falileyev (2007); J. Lacroix (2007): 115; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 55-6; X. Delamarre (2012): 62; G. B. Pellegrini (1987): 54.

Àttimis
po.
UD
ad locum qui dicitur Attens (o Attems?) (1106), Wodolricus de Aten (1134), Odoricus de Attemis (1258).
• Secondo G. B. Pellegrini e G. Frau, Attimis è un toponimo presumibilmente di «origine preromana», formato forse dalla «particella gallica» at-, ati- ‘al di là, oltre, sopra’ e una base *tim-, *tem- ‘acqua’ o simili; secondo C. C. Desinan, significherebbe ‘oltre le pozze’: l’abitato è sorto sul torrente Malina, che in passato tendeva a impaludarsi.
La radice *tim-, *tem- risulta alla base anche dell’idron. Timavo, che però F. Crevatin fa derivare dall’ie. *tem(ə)- ‘oscuro’.
Riguardo invece all’origine del poleon. Attimis, si deve partire dal prefisso gall. ate-, at-, «esprimente la ripetizione [‘ri-’] o l’intensità [‘molto’]», o ad- ‘verso’ e, con gli aggettivi, ‘molto’ (valore intensivo). Aggiungendo poi radicali o temi plausibili, si arriva a ricostruire forme iniziali quali *at-tem-es-, *ad-tem-es- ‘molto scuro’, *ad-tēno-/*ad-tēnes- (< celt. *tēno- ‘calore, fervore’ e ‘fuoco’; cfr. il NP At-tienus < *ad-tēno-), o anche *ad-tēmmo- (< *tēmmo- < *tēsmo- <*te(p)esmo- ‘caldo’, dalla radice ie. *tep- ‘calore’).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 48; F. Crevatin (1991): 69-70; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 31, 57, 293-4.

Avesica
po.
TS
Stazione stradale romana presso Trieste; va localizzata, secondo L. Bosio, nell’odierna Zolla (Monrupino, TS) – precedentemente era stata identificata con Prosecco e Basovizza.
Avesica (Itinerarium Antonini, 273, 2).
• Dal lat. Avesĭca, per F. Crevatin «probabilmente di origine celtica»; cfr. i toponimi *Avesiācus (de Avesiaco nel 1100) > Avezé (Sarthe) e Avesa (643) > Avoise (Sarthe), e forse anche Àvesa (Verona) e l’idron. Avìsio, TN.
L. Bosio (1991): 220-1; F. Crevatin (1991): 63; G. B. Pellegrini (1987): 223-4; A. Holder (1961-1962); A. Dauzat (1978).

Barazzetto
po.
Coseano, UD
Toponimo comune.
Friul. Barazzêt.
• Secondo G. Frau è un «collettivo in -etu da baràz “rovo... in genere ogni pianta spinosa” (N. Pirona, p. 37), dal gall. *barros» [«In generale chiamasi Baràz ogni pianta selvatica spinosa», G. A. Pirona (1988): 37].
La voce gall. barros ‘testa’, stando a X. Delamarre, nei toponimi doveva avere il valore di ‘altura’ o ‘cima, sommità’, come nelle lingue celtiche insulari: a. irl. barr ‘sommità, cima, punta (della lingua), estremità (delle dita)’; cimr., corn. bar ‘sommità’; cfr. i toponimi Bar (Ardennes), Bar-le-Duc (Meuse), Bar-sur-Aube (Aube), Bar-sur-Seine (Aube) e altri ancora.
Sembra logico quindi vada rintracciata solo nei nomi di luoghi ove compaiono (o comparivano nel passato) alture. Pertanto pare più verosimile che Barazzetto di Coseano derivi il suo nome da una voce come il prelat. *bar ‘cespuglio’, ‘sterpeto’, ‘rovo, spino’, e *barros ‘sterpeto’, che D. Olivieri ha suggerito per diversi toponimi (vd. Barolo, CN); non escludendo tuttavia la possibilità che il gall. *barros fosse passato a significare anche ‘ciuffo, estremità cespugliosa’, come si potrebbe supporre sulla base del Romanisches Etymologisches Wörterbuch (REW 964) e, tra gli altri, di G. B. Pellegrini [(1987): 184].
G. A. Pirona (1988): 1465; G. Frau (1978); X. Delamarre (2008): 68; P.-Y. Lambert (1994): 188; J. Vendryes (1959-), s. v. barr; M. Cortelazzo, C. Marcato (2005): s. v. bār; J. Lacroix (2005): 118.

Bedasio
io.
Brugnera, PN
•• Secondo C. C. Desinan da bedo ‘fosso’ [gall. bedo- ‘fossa, canale, gora, ruscello’], con suff. -asio («ben attestato»), che però è di tipo prediale.
Sono tuttavia documentati i NNP d’origine celt. Bedasius, Bedasia, Bedarus, probabilmente non connessi con bedo- (forse derivati dall’ie. *bheidh- ‘persuadere’). Può darsi che Bedasio rifletta un *Bedasion ‘proprietà di *Bedasios’.
C. C. Desinan (2001): 43; J. Lacroix (2005): 23; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 70; X. Delamarre (2012): 73.

Beligna
Aquileia, UD
«Vasta pianura a sud di Aquileia» e «porta delle mura medievali» [Pellegrini (1990b): 124].
de Belinia (1155 e 1186), iuxta portam Beligna (XIII sec.).
•• Dal nome del dio gallico Belenos, Belenus, Belinus, o dal NP Belinus, derivati dal tema gall. belo-, bello- ‘forte, potente’ — per X. Delamarre si tratterebbe di un a. *Beliniā ‘possedimenti di Belinos’.
A parere di J. B. Trumper, M. T. Vigolo, dal «nome divino» *Belēnio-, connesso con il nome della ‘donnola’ o quello del ‘lupo’, derivati dall’ie. *bʰel-; cfr. il cimr. bele, belau [bele, bela, belau ‘martora’, medio cimr. beleu]. Secondo Delamarre però, il nome del ‘lupo’, celt. *bledios (cimr. blaidd), non avrebbe alcuna etimologia ie. sicura.
G. B. Pellegrini (1987): 112; G. B. Pellegrini (1990b): 124-5; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; J. Lacroix (2005): 138-43; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 71-2; X. Delamarre (2012): 74.

Belloio
po.
Tricesimo, UD
Mansio romana presso Tricesimo.
viam Belloio (viam Bellono, viam Beleio, viam Beloio) (Itinerarium Antonini, 276, 2).
• Secondo C. C. Desinan Belloio è composto di belo ‘chiaro, limpido, luminoso’ + -ialos ‘radura’ [-ialon ‘luogo dissodato, radura’, poi ‘luogo, villaggio’, nel gallico tardo; vd. Vendoglio]. Per X. Delamarre il gall. belo-, bello- significa invece ‘forte, potente’.
La mansio viam Belloio è interpretata da L. Bosio come «stazione stradale sulla viam Belloio»; probabilmente ne è rimasto un ricordo nel nome di una «modesta altura» posta sopra Tricesimo: Borgobello, Borgobel in friulano, ove -bel non significa ‘bello’ (vi corrisponde infatti biel in friulano), ma può derivare dal radicale bel- del teon. Belenus, individuabile appunto anche in Belloio. Cfr. altresì i NNP d'origine gall. Bellos, Bellus, Bel(l)ona.
C. C. Desinan (2001): 43; L. Bosio (1991): 159-63; A. Holder (1961-1962), I: 397; G. A. Pirona (1988): 1466; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 71-2, 185.

Bèrgum
po.
Remanzacco, UD
Casali Bèrgum. Friul. Bèrgum, Bèrgun.
Bergum viene confrontato da C. C. Desinan con Bèrgimos, nome di divinità gallica. È attestato il teon. Bergimus, da berg(o)- ‘monte’ < ie. *bʰerĝʰ- ‘alto, eminente’. Vd. Bergamo.
G. A. Pirona (1988): 1465; C. C. Desinan (2001): 43; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 73.

Borbinta
io.
Arta Terme, UD
•• Secondo C. C. Desinan, va connesso con Borvon; «è stato reinterpretato sulle base della voce latina fervente».
Può forse ricondursi al gall. boruo-, bormo- ‘sorgente calda’, dalla radice ie. *bhĕr-, *bhŏr- ‘gorgogliare, ribollire’; cfr. gli idronimi Bourbince, fluvio Burbuntio nell’890, e Bourbonne, Borbontia nell’855, fluvium Borbuntia nel 906 (Saône-et-Loire), da una possibile forma a. *Boruontiā.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 82-3; X. Delamarre (2012): 84.

Bressa
po.
UD
in Bressa (1275).
• Probabilmente da accostare a Brescia, quindi di origine celtica. Secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, deriverebbe da *brĭg-sa.
G. Frau (1978); J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; X. Delamarre (2008): 87.

Brio
po.?
Alesso, Trasaghis, UD
• Per C. C. Desinan forse da brio, briva ‘guado’, ‘ponte’ [gall. brīva ‘ponte’, brio nel Glossario di Vienna].
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 89.

Bróili
po.
Friuli
•• Broili risulta «toponimo comune» in Friuli. Si tratta del friulano bróili ‘brolo, verziere, poderetto annesso alla casa’, che, come l’italiano brolo ‘orto, frutteto’, deriva dal gall. *brogilos ‘piccolo bosco recintato’, diminutivo di *brogi- ‘territorio, regione, frontiera, marca’ (< *mrogi-).
G. Frau (1978); G. A. Pirona (1988): 76; G. B. Pellegrini (1987): 120; G. B. Pellegrini (1995): 267; P.-Y. Lambert (1994): 190; X. Delamarre (2008): 91; X. Delamarre (2012): 91.

Budoia
po.
PN
Budoia (1299), in territorio di Bodolja (1337).
• Dal lat. betŭllĕa ‘betulla’ < ie. *gʷet-w- [‘resina’], dal gall. betua, betulla.
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1995): 277; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; X. Delamarre (2008): 74.

Buttrio
po.
UD
Localmente bùri.
Butrium (1000 c.a), villa Budriach (1140), de Budrio (1188).
•• Secondo G. Frau, può esser connesso a un termine preromano significante ‘burrone, voragine’, il quale, a parere di C. Marcato, potrebbe anche venir a coincidere con il «greco-latino» bothros (con lo stesso significato di ‘burrone, voragine’).
X. Delamarre presuppone una forma antica *Butrion ‘il fossato’, oppure ‘proprietà di *Butrios’ (‘di *Butturios’?).
Vd. Bùdrio (BO; Correggio, RE; Longiano, FC; Casola Valsenio, FC; Cotignola, RA) e Butrium (RA).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); X. Delamarre (2012): 94.

Candàglia
oo.
Polcenigo, PN
• Per C. C. Desinan Candaglia deriva da cando ‘bianco’. Probabilmente connesso ai NNP d’origine celt. Candala, Candalio, Candius, Candia, Candialla, tutti dalla radice cand- ‘brillante’ (> cann-), cfr. l’a. br. cann ‘bianco, brillante’.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); A. Holder (1961-1962), s. v. Candalicae.

Càrnia
co.
UD
Κάρνοι (Kárnoi) (Strabone, IV, 6, 9; V, 1, 8), Carnorum (Tito Livio, XLIII, 5, 3), Carni (Plinio, N. H., III, 38); de monte in Carnia (762).
• Dall’etn. lat. Carnius, da cui deriva al coron. il significato di ‘Paese abitato dai Carni’. L’etnico può esser connesso con una radice preromana *kar- [‘roccia, pietra’] «usata, con suffissi varii, ad indicare ‘luoghi rocciosi o sassosi’» (G. Frau), tra cui il Carso.
S’è anche proposta un’origine celtica: per P. Anreiter, da un tema *kar-no-, con base *(s)kar-n-, da *(s)kar- ‘ruvido, duro’ – l’etn. Carni significherebbe quindi ‘i duri’ –; secondo A. Falileyev (per il quale però è possibile «che il nome sia attribuibile ad un altro gruppo linguistico»), da un tema carno- ‘picco, tumulo, cairn’ (il cui etimo ie. non è sicuro), cfr. l’a. irl. e il cimr. carn ‘mucchio di pietre’; oppure, stando a X. Delamarre, dal gall. *carnon ‘corno’, da cui il valore de ‘i Cornuti’ o ‘quelli dal corno’: forse, secondo un’ipotesi di J. Lacroix, i capi guerrieri dei Carni portavano sul casco delle corna come «ornamento distintivo».
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); A. Falileyev (2007), s. vv. Carni, Carnuntum; X. Delamarre (2008): 105-6; J. Lacroix (2003): 65.

Chialminis
po.
Nimis, UD
Friul. Cialminis.
de villa Calmines (1170), de Calminis (1282).
• Per G. Frau è un probabile «diminutivo in -inu della voce gallica (?) *calmis ‘campo non coltivato’ o ‘cima pietrosa di monte’» (‘luogo non coltivato’, secondo C. C. Desinan). Calmis, attestato nel latino medievale (varianti calmen, calma, calmus, calmas) col valore di ‘altura pianeggiante denudata, landa’, è ritenuto in genere prelatino (cfr. il ligure carmo) se non preceltico; d’altra parte, risulta privo di riscontri nel celtico.
Chialminis però potrebbe trarre origine da un *Calminius – ipotesi di M.-T. Morlet per il francese Chaumigny (Nièvre) – o Calminus, NP di origine celtica, da un tema *calm-ino-, derivato (assieme a Calma, Calmenus, Calmius, Calmeius) da una base gall. calm(i)- confrontabile con l’a. irl. calma ‘forte, valoroso’ e il cimr. celfydd ‘abile’ (brittonico *kalmíyo-).
G. A. Pirona (1988): 1467; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 44; J. F. Niermayer (1993); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 191; G. Petracco Sicardi (1990), s. v. Carmo; M. Alinei (1984): 143-52; M.-T. Morlet (1985): 48; X. Delamarre (2007).

Chialminis
po.
Pagnacco, UD
• → Chialminis (Nimis, UD).
C. C. Desinan (2001): 44.

Chiarmacis
po.
Teôr, UD
Friul. Ciarmacis.
in villa de Charmacis (1276).
• Secondo G. Frau, deriverebbe da calmis ‘campo non coltivato’ o ‘cima pietrosa di monte’, «con suffisso -aciu e -l- passato a -r-». Vd. tuttavia quanto indicato per Chialminis (Nimis, UD).
G. A. Pirona (1988): 1468; C. C. Desinan (2001): 44; G. Frau (1978).

Cjandóis
po.?
Arta Terme, UD
• Secondo C. C. Desinan, Cjandois deriva da cando [base cand(i)-] ‘bianco’ + -ialos ‘radura’ [-ialon ‘luogo dissodato, radura’, poi ‘luogo, villaggio’, nel gallico tardo].
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 185.

Colmalìsio
Moruzzo, UD
Friul. Cuèl Malîs.
• Per C. C. Desinan Colmalisio si configura come una formazione tautologica, con -malisio dalla base mal- (che «non è esclusiva del gallico»), parallela a mel- (mello ‘altura’; vd. Miélis).
È documentato un NP d’origine celt. Malisius (assieme a Malicco, Mallus, Mallius, Malla, Malusia e altri), da malu-, malo-, mallo- (‘alto’?) — A. Falileyev ipotizza un celt. malo- ‘che si eleva, prominente’ (< ie. *melh3- ‘venir fuori’), da cfr. con il medio irl. mell ‘blocco, massa, mucchio’.
G. A. Pirona (1988): 1473; C. C. Desinan (2001): 46; X. Delamarre (2007); A. Falileyev (2007), s. v. malo-.

Còlvera
io.
Maniago, PN
«Torrente e villaggio distrutto». Friul. Còlvare.
molendinum in flumine quod dicitur Colvera (1103).
• «Di significato oscuro», secondo G. Frau. Per C. C. Desinan da còmboro ‘confluenza’ [gall. *comberos], con «lambdacismo» (il torrente ha due rami confluenti).
La voce *com-beros significa ‘diga di fiume’ e ‘confluenza’, con -bero- (-beru-) < ie. *bhĕr- ‘gorgogliare, ribollire’. → io. Comberanea (GE).
G. A. Pirona (1988): 1471; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 122.

Cormòns
po.
GO
Cormones (Paolo Diacono, IV, 37), Carmonis ruralia (791), subtus Cromonis (963), Carmonum (1000 c.a), de Cormons (1084).
• Secondo G. Frau deriva forse da un etn. Cormones «collegato con la voce gallica carmo, -one ‘donnola’ o simile, preso come animate totemico».
X. Delamarre ipotizza un tema gall. *carmon- ‘donnola, ermellino’ (da cui il retoromanzo karmún ‘donnola’), che però non ha riscontri nel celtico insulare. Dipenderebbe dall’ie. ker-, k̂er-, *k̂or-men- ‘donnola’, basi che, secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, indicano al tempo stesso il colore ‘grigio’ e alcuni mustelidi (‘mustelide’ = ‘il grigio’, per tabuizzazione).
Cfr. i NNP Carmo, Carmanos e il toponimo Carmona (Betica).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1990b): 302; G. B. Pellegrini (1992): 398; J. Pokorny (2005): 573; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 105;

Cuièstris
oo.
Segnacco, Tarcento, UD
Colle.
• Per C. C. Desinan Cuiestris potrebbe derivare da Cogèstilo, NP di un regolo dei Carni documentato in una moneta (con rotacismo l > r, per evitare l’«ostico nesso consonantico» -stl-). Sono attestati anche i NNP Cocestlus (moneta boica) e Congeistlus (Norico), dal gall. congestlos ‘pegno reciproco, ostaggio’ < con- + gestlos ‘ostaggio’.
C. C. Desinan (2001): 49; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 124.

Dòbia
po.
Valvasone, PN
•• Dobia potrebbe esser connesso con il gall. dubus, dubis, dob- ‘nero’ (vd. Dòbis, Buia, UD), più che non riflettere lo sloveno dobja ‘querceto’, da cui, secondo G. Frau, deriva Dòbbia di Staranzano, TS. Si può ipotizzare dunque, con X. Delamarre, un a. Dubiā ‘possedimenti di *Dubios’.
G. A. Pirona (1988): 1474; G. Frau (1978): 57; X. Delamarre (2008): 152; X. Delamarre (2012): 142.

Dòbis
oo.
Tolmezzo, UD
Monte della Carnia.
• → Dòbis.
G. A. Pirona (1988): 1474.

Dòbis
po.
Buia, UD
Dobis va accostato probabilmente al gall. dubus, dubis, dob- ‘nero’, da cui derivano gli idronimi a. Dubis (oggi Doubs) e *Dubīna (> attuali Dheune, Douyne, La Dhuine) e, fra gli antroponimi, Dubius, Dubia, Dobunnus (vd. anche Duìna).
G. A. Pirona (1988): 1474; C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 152.

Drogna
po.
Forni di Sotto, UD
•• Per C. C. Desinan da rapportare al gall. dru, dervo [dru-, deruo-] ‘quercia’.
Può forse riflettere invece un neutro plurale *Droniā, *Druniā ‘possedimenti di Dronius o *Drunios’; cfr. i NNP Dronius (*Drunius), Glan(o)-dronus, Glan(o)-druna, e gli idronimi antichi Druna > Drôme, Dronne, Droune (Francia), Traun (Baviera), Traun (Austria), tutti dal tema gall. druno- > drono- ‘vigoroso, rapido’. Da non escludere del tutto, inoltre, una connessione con l’a. irl. dron ‘fermo, solido, vigoroso’, dalla radice *dreu̯(H)- ‘solido, fermo’.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 140-1, 149-50; X. Delamarre (2012): 142.

Drugna
po.
Erto, PN
•• C. C. Desinan lo collega al gall. dru, dervo [dru-, deruo-] ‘quercia’.
Richiama piuttosto una forma *Druniā, accostabile ai NNP *Drunios, *Drunius, Dronius, per i quali vd. Drogna.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 140-1; X. Delamarre (2012): 142.

Dubies
po.
Forni di Sopra, UD
• Forse in relazione con il gall. dubus, dubis, dob- ‘nero’; vd. Dòbis.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 152.

Duìna
po.
UD
Presso il M. Canìn, UD
•• Duina pare richiamare l’idron. a. *Dubīna, da cui discendono, tra gli altri, gli idronimi francesi Dheune (Duina nell’873, Côte-d’Or) e La Dhuine (Isère), formati sulla base gall. dubi- ‘nero (cfr. Dòbis e i NNP Dubius, Dubia). Da non escludersi però possa rappresentare un lat. *tubīna, variante femminile di quel *tubīnu, diminutivo di tuba ‘condotto naturale o artificiale delle acque (terrestri e sotterranee)’, cui risale, secondo F. Crevatin, il poleon. Duìno (TS).
C. Marcato (1990), s. v. Duìno - Aurisina; G. Frau (1978), s. v. Duìno; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 152; X. Delamarre (2012): 142.

Enemonzo
po.
UD
Dial. enemònč, denemònč.
Enemum (1000 c.a), de Anemoncio (1255), Nimons de Carnea (1293).
• Secondo G. Frau, da un NP di origine germ. Aunemundus oppure da un lat. *in montes (ipotesi meno probabile viste le attestazioni medievali). Per C. Marcato si tratterebbe invece di un ibrido gallo-lat., composto della preposizione gall. enĭ [eni ‘in’] e del lat. collettivo montium (< mons) [cfr. il lat. Septimontium] e significante ‘tra i monti’, da cfr. con il nome della «non lontana località nominata Esemòn», ‘oltre i monti’, da es(e) + montium (→ Esemòn di Sopra).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); X. Delamarre (2008): 162, 168.

Esemòn di Sopra
po.
Raveo, UD
de Desamon (1295), illo de Desemon (1314), villa de Asmon (1422).
• Per G. Frau da un NP di origine germ. Ansmund, Ansimund. C. Marcato però ipotizza un composto ibrido es(e) + montium con il valore di ‘oltre i monti’, dalla preposizione gall. es(e) + il lat. collettivo montium (→ Enemonzo).
Es- in effetti è una forma ridotta di ex-, exs-, significante però ‘senza, fuori di’.
C. Marcato (1990), s. v. Enemonzo; G. Frau (1978); X. Delamarre (2008): 168.

Esemòn di Sotto
po.
Enemonzo, UD
• → Esemòn di Sopra.


[1] C. C. Desinan [(2001): 43] registra i seguenti toponimi friulani come derivati «verosimilmente» dal celt. «art ‘pietra’»: Artugna (torrente e località; Aviano e Polcenigo, PN), Artena (Cavazzo, UD), Artona (Fresis, Enemonzo, UD), Artàis (monte; Tramonti di Sopra, PN). A dire il vero, non è corretto parlare di una voce celtica art (o base *art-) significante ‘pietra’, poiché è solo nell’antico irlandese che tale termine compare, ed è probabile sia «un antico nome della pietra che i Celti hanno preso in prestito da una popolazione precedente» [cfr. J. Vendryes (1959-): s. v. art (2)]. Inoltre, nell’artuaš dell’iscrizione gallica della stele di Todi, che viene accostato – anche da J. Vendryes [op. cit., s. v. art (2)] – all’a. irl. art, s’è riconosciuto invece l’acc. femminile pl. (ARTUAŠ, da leggersi /arduas/, da una forma *arduans col presumibile significato di ‘le parti alte’) dell’aggettivo gall. arduo- ‘alto’ [X. Delamarre (2008): 52; P.-Y. Lambert (1994): 76]. Per quei quattro toponimi dunque devono esser proposti etimi differenti: 1) dall’aggettivo lat. ar(c)tus ‘stretto’, 2) da antroponimi in Art(o)- < celt. arto- ‘orso’ (specie per Artona, forse = ‘possedimenti di *Artonos’), 3) da NP o gentilizi latini (almeno in parte d’origine celt.) come Artemius, Artenius, Artinius.

giovedì 4 novembre 2010

Toponimi del Friuli Venezia Giulia di possibile origine celtica (G - N)



Gèrchia
po.
Clauzetto, PN
Localmente Gèrcie.
campo li della Gerchia (1671).
•• Secondo G. Frau, Gerchia si riconduce forse al gall. *dercos ‘bacca’. In realtà in gall. derco- significa ‘occhio’; cfr. i NNP Derceia, Dercina, Derco..., l’a. irl. derc ‘occhio’, l’a. br. derch ‘sguardo, aspetto, apparenza’. Alla base del toponimo si può tutt’al più ipotizzare un NP o un neutro pl. Derciā ‘possedimenti di *Dercios’.
G. Frau (1978); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 139; X. Delamarre (2012): 135.

Gort
po.?
Spilimbergo, PN
• Da gortu ‘cavità, vallata’ (?) secondo C. C. Desinan. → Gorto, Canale di.
C. C. Desinan (2001): 45.

Gorto, Canale di
io.
UD
Friul. Cianâl di Guart.
Gortum (attorno al 1000), plebem de Corto (1091).
•• A parere di G. B. Pellegrini, risalirebbe a un gallo-carnico *ghorto-, corrispondente al lat. medievale gortus ‘canalis per quem acquae decurrunt’, per cui in Canale di Gorto si avrebbe una denominazione tautologica. Secondo C. C. Desinan va ricondotto a una voce celt. gortu ‘cavità, vallata’.
È più probabile dipenda invece da un gall. *gorto- ‘recinto, luogo chiuso’, come aveva suggerito G. Frau, che pensava a «una voce di origine preromana, verosimilmente celtica, *gortu ‘recinto: luogo chiuso’», e come riconosce anche X. Delamarre. Cfr. l’a. irl. gort ‘campo’, il cimr. garth ‘campo, recinto’, il lombardo gorz ‘siepe, cespuglio’.
La definizione citata dal Pellegrini si legge in C. Du Cange ["http://ducange.enc.sorbonne.fr/2010/GORTUS"]:
«Gortus, Canalis, per quem aquæ decurrunt. Charta ann. 1301. in Chartul. Guill. abb. S. Germ. Prat. fol. 122. v°. col. 1 :
Concessimus dicto Gaufrido tertiam partem totius Gorti aquæ fontis nostri, quem emittit in domo nostra de Cachant. V.».
In latino medievale con la voce gordum, gortum, gortium – d’origine scandinava secondo J. F. Niermayer – si designava uno ‘sbarramento (lungo un corso d‘acqua)’.
G. A. Pirona (1988): 1468; G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1987): 96-7; G. B. Pellegrini (1990b): 105; C. C. Desinan (2001): 45; J. Lacroix (2003): 142-3; X. Delamarre (2008): 182; X. Delamarre (2012): 160; J. F. Niermayer (1993).

Gorto, Pieve di
po.
Ovaro, UD
Gortum (attorno al 1000), plebem de Corto (1091).
• → Gorto, Canale di.
G. Frau (1978).

Grauzària
po.
Moggio Udinese, UD
Grauzaria può derivare dal friulano grave ‘ghiaia’ + suff. -ariu. → Grave.
G. A. Pirona (1988): 1482; G. Frau (1978).

Grave
po.
Polcenigo, PN
• Dal friulano grave ‘ghiaia’ (che «è adoperato per indicare l’alveo di fiumi o torrenti»), probabilmente da un lat. popolare *grava (lat. medievale grava) < gall. *graua ‘sabbia, ghiaia’ < *grou̯ā, forse dall’ie. *ghreu- ‘schiacciare, frantumare’; cfr. il br. gro, groa ‘cordone di ciottoli (o sabbia)’, il cimr. gro ‘ghiaia’, l’a. irl. griän ‘ghiaia’, irl. grean. Ma per E. Campanile *grava sarebbe una voce preie. e per O. Bloch e W. von Wartburg non sarebbe celtica. Vd. Gròva.
G. A. Pirona (1988): 1482; G. Frau (1978); G. A. Pirona (1988); G. B. Pellegrini (1990b): 183; P.-Y. Lambert (1994): 195; Delamarre (2008): 183.

Gravena
po.
Maniago, PN
Friulano Gravène.
• Dal gall. grava ‘sabbia, ghiaia’. → Grave.
G. A. Pirona (1988): 1482.

Graves
po.
Castelnuovo del Friuli, PN
• Dal friulano grave ‘ghiaia’. → Grave.
G. A. Pirona (1988): 1482; G. Frau (1978).

Gravis
po.
Àttimis, UD
• Dal friulano grave ‘ghiaia’. → Grave.
G. Frau (1978); G. A. Pirona (1988): 403, 1482.

Gravuzze
po.
Morsano al Tagliamento, PN
• Dal friulano grave ‘ghiaia’ + il suff. diminutivo -uciu. → Grave.
G. A. Pirona (1988): 1483; G. Frau (1978).

Grivò
io.
Faedis, UD
Torrente. Già Gravone.
in canali de Grivò [...] de Gravò (1275), in canale de Gravó (1366), citra Gravonem, in aquam Gravonis (1336).
• ‘Dal letto pietroso’, dal lat. grava ‘pietra’ < gall. grava ‘pietra, ghiaia’ + suff. accrescitivo -one. → Grave.
G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 45.

Grivò, Canal di
po.
Faedis, UD
• → Grivò.

Groàte
po.
Plaino, Pagnacco, UD (catasto).
• → Gròva.
G. A. Pirona (1988): 1483.

Groba
po.
Poffabro Frisanco, PN (catasto).
• → Gròva, Gruagno.
G. A. Pirona (1988): 1483.

Gròva
po.
Raveo, Osopo e Artegna, UD (catasti).
• Dal prelat. *groba ‘terreno ghiaioso o sabbioso’, da cui deriverebbe, secondo G. Frau, Gruagno.
È possibile però riconoscere in *groba una variante grafica (alto-medievale e forse tardo-latina) di grova. Tutte e due le voci, in effetti, potrebbero riflettere un gall. *grou̯ā (forse dall’ie. *ghreu- ‘schiacciare, frantumare’ [*ghrēu-, *ghrəu-, *ghrū-, in J. Pokorny], vd. Grave), da cui si sarebbe originato anche il gall. *graua ‘sabbia, ghiaia’ > lat. popolare *grava. Nella forma *graua, -au- può essere l’esito lat. di un più antico gall. -ou- (grafia latina au da gallico ou) o semplicemente dipendere da uno scambio au / ou rilevabile in altre voci galliche. Da confontare il francese antico groe, grou (XII sec.), il francese dialettale occidentale groue, il br. gro(a) (da *ghr-u-, secondo A. Deshayes).
G. Frau (1978), s. v. Gruagno; G. A. Pirona (1988): 1483; Delamarre (2008): 183; J. Pokorny (2005); A. J. Greimas (1992); A. J. Greimas, T. M. Keane (1992); A. Deshayes (2003).

Grovàt, Gruàt
po.
Castions di Strada, UD
• → Gròva.
G. A. Pirona (1988): 1483.

Gròvia
po.
Friuli.
Top. comune.
• → Gròva.
G. A. Pirona (1988): 1483.

Grùa
po.
Mereto del Capitolo, Santa Maria La Longa, UD
Top. comune.
Grava sive Grua, in antichi documenti (Il Nuovo Pirona).
• Probabilmente dal lat. popolare grava ‘area ghiaiosa’. Vd. Grave, Gròva.
G. A. Pirona (1988): 1483; G. B. Pellegrini (1987): 394.

Gruagno
co.
Moruzzo, UD
«Regione collinare».
in vinea de Grobagnis, Grobanges (762), Groang, (983), apud Gruan, apud Gruans (1176, 1184), de Grovanis (1238).
• Probabilmente dal prelat. *groba ‘terreno ghiaioso o sabbioso’. Vd. però Gròva.
G. A. Pirona (1988): 1483; G. Frau (1978).

Indunia
po.
Cormòns, GO
• Secondo C. C. Desinan, top. «di aspetto celtico», da connettere al gall. dunom ‘altura’ [*dūnon ‘cittadella, monte’]. → Duno (VA).
C. C. Desinan (2001): 45; X. Delamarre (2008): 154-5.

Invillino
po.
Villa Santina, UD
Friulano Divilìn, Invilìn.
in Ibligine (Paolo, Diacono, IV, 37), Carnium, Scoldium, Bipplium (700-800), Tomstium, Iblinum, Gortum (1000 c.a), Castrum Invillinum (1219), in plebe Ivelini (1274).
• Secondo G. Frau, va associata al lat. tardo iblosus ‘(luogo) piantato a ebbi’ [lat. ebŭlus] (G. B. Pellegrini).
Per J. B. Trumper, M. T. Vigolo iblosus deriva probabilmente, attraverso *iv(o)lo-, da *ivo- [celt. e gall. iuos o īuos ‘tasso’] < ie. *ei-wo-/*ei-wā (da cui il cimr. yw ‘tasso’).
G. A. Pirona (1988): 1474; G. Frau (1978); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 186; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224-5.

Larice
po.
UD
Mansio identificata da G. Bosio con Campolaro (borgo di Chiusaforte).
Larice mpm XXIIII (Itinerarium Antonini, 276, 3).
•• Secondo A. Falileyev, il toponimo, «se celtico», andrebbe ricondotto a una base *lāro- ‘piana, suolo’, dall’ie. *plh2-ro- < *pelh2- ‘largo, piano’. Cfr. il lo. Lario (Lombardia) e i NNP Larius, Larus ± ‘(viso) piatto’.
L. Bosio (1991): 162; A. Falileyev (2007), s. vv. Larice, lāro-; X. Delamarre (2012): 172.

Làuco
po.
UD
Friulano Làuc.
in loco qui dicitur Lauc (914, 1015).
Lauco potrebbe riflettere il NP di origine celtica Leucos (G. Frau). O piuttosto Loucus, derivato dalla base louco-, loucio-, loucet- – oppure possibile variante di Leucus (gall. leucos, ‘chiaro, brillante’, vd. Lecco) –, che con grafia latina (o per alternanza ou / au) sarebbe diventato *Laucus. Per J. B. Trumper, M. T. Vigolo deriva da *leuko- (> cimr. llug, irl. lúach), «con conservazione tardiva del dittongo in questa posizione».
G. A. Pirona (1988): 1486; C. Marcato (1990); G. Frau (1978); J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 225; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 199.

Làudrias
po.?
Lauco, UD
•• Per C. C. Desinan Laudrias dipenderebbe da lautro ‘pozza’ (vi sono ancora tracce di pozze).
Il gall. lautron (< *lauatron < *lou̯atrom; lautro ‘balneo’ nel Glossario di Vienna) significa in effetti ‘bagno’; secondo A. L. F. Rivet, C. Smith, lau(a)tro- nella toponimia significherebbe ‘alveo’.
Cfr. Lure (Haute-Saône), Lutra nel X sec., da *lowatrā, attraverso la sequente evoluzione fonetica: *lowatrā > *lawatrā > *Lautrā > Lutra. Secondo X. Delamarre, il significato di *Lautrā potrebbe essere ‘i bagni’ oppure ‘il bacino’ (cfr. il br. laouer ‘truogolo’).
C. C. Desinan (2001): 45; X. Delamarre (2008): 197-8; X. Delamarre (2012): 173.

Lédis
oo.
Gemona, UD; «mo. presso Venzone» (Il Nuovo Pirona).
supra monte de Ledis (1297).
• Secondo G. Frau, da connettere al friulano lèda ‘ghiaia minutissima’, dalla parola di origine gall. *lĭgĭta. Cfr. il veneto lea, leda ‘limo’ (G. B. Pellegrini) e Lea, Campo di [Melara di Sacco (?), PD].
Da non escludere, come ipotesi di lavoro, una derivazione dal gall. ledu-, led-, laed-: cfr. i NNP Laeda, Laedius, Ledia, Ledonia, Leduccus, e forse gli idronimi Ledus > Lez (Francia), Lederna, odierna Lienne (Belgio); oppure da lēto- ‘grigio’ < *(p)leito- (< ie. *pel- ‘grigio’), cimr. llwyd, br. louet, a. irl. líath ‘grigio’: cfr. i NNP Laetus, Letus, Letius, i toponimi Louesme (Yonne), Ledismus (864) < *Lētisamā, Lédenon (Gard) < teon. Letinnoni (dat.) e forse Ledesma, in Spagna, antica Letaisama.
G. A. Pirona (1988): 1488; G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1990b): 188; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 199.

Lémene
io.
PN, VE
Leminar (888), Lemen (996, 1140).
•• Lemene deriva forse dal lat. limina, sing. limen ‘soglia, limite’ (REW 5047 limen ‘soglia’). La forma Lemenàr pare costruita sulla voce limitare (incrocio di limen con limes ‘confine’) (G. B. Pellegrini).
F. Crevatin lo accosta al top. istriano Leme (canal di), croato Limski kanal, per il quale propone una possibile derivazione da *lĭmĭno- / lĭmĕno-, base “europea antica”.
Forse si può connettere con il limnon. a. lacus Lemannus (Lago di Ginevra), che A. Falileyev riconduce alla base lēmo-, limo- ‘olmo’, ma che X. Delamarre associa, sia pur con qualche dubbio, alla radice celt. *lēm- ‘limo, fango’ (< *lim-, *leim-), da cui derivano formazioni idronimiche quali lēmānā, lēmāniā, lēmannonios, lēminetā.
G. B. Pellegrini (1987): 331, 382; G. B. Pellegrini (1990b): 222; F. Crevatin (1991): 71; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008); X. Delamarre (2012): 174.

Ligosullo
po.
UD
Friulano Diussûl; Liussûl, Livussûl (Il Nuovo Pirona).
de Liusolo (1277), de Ligosulo, Ligosullo (1288), de Liussullo Carneae (1321).
• Di origine preromana (G. Frau).
Non può essere escluso un etimo celt., per la presenza nel gallico di basi quali ligo- (ligu-) (> NNP come Ligo-marus, Ligunnius, Ligus, Liguvius, e lo stesso coron. Liguria), sūli- ‘vista’ (> NP Sulinus, Solinus, Sulis), sulu- (> NP Sulu-lenos, top. Suluniacum), e dei NNP Sulla, Sulloniacus.
C. Marcato (1990); G. A. Pirona (1988): 1489; G. Frau (1978); X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 286.

Maròn
io.
PN
Torrente affl. del Livenza.
Friul. Marón.
• Secondo C. C. Desinan sarebbe un composto significante ‘rio paludoso’, formato su una voce celt. onno ‘ruscello, torrente’. Per la prima componente, non specificata dal Desinan, vd. Maròn (Brugnera, PN) e l’idron. Marone (Bagnolo Piemonte, CN).
OnnoOnno flumen») sta in effetti tra le voci tardo-galliche del Glossario di Vienna, ma è una di quelle ritenute di dubbia celticità. Potrebbe essere una «forma tarda» di *unna < *udna ‘acqua’, oppure esser in relazione col suff. idronimico (e teonimico) -on(n)a presente in alcuni idronimi gallici, quali Olona (VA, MI), Axona (> Aisne), Matrona (> Marne).
G. A. Pirona (1988): 1492; C. C. Desinan (2001): 46; P.-Y. Lambert (1994): 203; J. Degavre (1998): 328; Delamarre (2008): 323, 48, 30, 219.

Maròn
po.
Brugnera, PN
Friul. Marón.
Marono (1199), de Marono (1322).
• C. C. Desinan attribuisce al toponimo il significato di ‘rio paludoso’, per il quale vd. l'idron. Maròn.
Secondo G. Frau sarebbe un «accrescitivo in -one dalla voce di origine gallica marra ‘terreno paludoso’ o simile». Vd. anche Marone (BS).
Una voce *marra però – stando a G. Dottin, J. Pokorny, P.-Y. Lambert, X. Delamarre, G. B. Pellegrini (e anche A. Holder) – non pare sia mai esistita in gallico.
Invece, sulla base delle forme d’epoca medievale, si può pensare che Maròn rifletta un NP Maronus o Maro, che (assieme a Marus, Maronius, Maronianus) derivano dal tema gall. maro- ‘grande’ < celt. *māros ‘grande’ (cfr. l’a. irl. már, mór, e l’a. br. mor).
G. A. Pirona (1988): 1492; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 46; G. B. Pellegrini (1987): 169-70; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 217-8.

Medea
po.
GO
Friul. Migèe. Slavo Medeia.
curte nostra in Medegia (alias Medegis) (762), curtis de Medeia (888), Midea (1020-1040), de Medeis (1176), montem Medeiam (1257), Midiea (1298).
•• A. Prati e G. Frau pensano rifletta un NP lat. Meteia. Il friul. Migèe sarebbe «esito di una forma Midiea (attestata nell’a. 1298) con lo sviluppo de > die e di > ǧ».
G. B. Pellegrini e C. C. Desinan ritengono invece che Meteia possa essere celtico. Secondo Pellegrini il nome è presente nell’etn. pagani Meteienses che si legge in un’epigrafe, perduta, «rinvenuta in località non molto distante dal monte (o colle) di Medea di Gorizia». Potrebbe trattarsi di un «nome locale formato col suffisso -eja come Aquileia [> Aquilegia (928)], Noreia ecc.», da una base *met- presente «in Mettis (sec. IV-V) ant. nome di Metz» [Metz (Moselle) è forse abbreviazione dell’etn. Mediomatrici, «nome della tribù gall. di cui Metz era la capitale»] e nel personale Mettius, «non assente dai testi venetici settentrionali».
Mettius è collocato da X. Delamarre tra i NNP d’origine celt.: si confrontino Metia, Metelos, Metellus (dall’ie. *met- ‘mietere’?); Mitto, Mitus (anche Mettus?), forse da un tema *mito- > *meto-, accostabile alle voci a. irl. mithich ‘opportuno’ e meth ‘défaillance, mancanza’ [da una radice *met- o *mett-, secondo J. Vendryes].
Medegia, Medeia, potrebbe forse dipendere da un neutro pl. *Meteliā ‘possedimenti di Metelos’ (anche ‘di *Metilos’) o simile.
Secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, Medeia sarebbe una formazione *medu-ei-ā ‘idromele’, costituita da base + formanti celtiche.
C. Marcato (1990); G. A. Pirona (1988): 1493; G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1987): 70-1; C. C. Desinan (2001): 46; A. Dauzat (1978); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 219, 225; X. Delamarre (2012): 198; J. Vendryes (1959-), s. v. meth; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 225.

Medea
po.
Ciseriis, Tarcento, UD
• Vd. Medea (GO).
G. B. Pellegrini (1987): 70-1.

Medeuzza
po.
S. Giovanni al Natisone, UD
Friul. Midiuzze.
de Midiuca (1338), de Mediuza (1360).
• Forse forma diminutiva in -uciu di Meteia. → Medea.
G. A. Pirona (1988): 1493; G. Frau (1978): 79.

Medùn
po.
Cercivento, UD
Localmente midùn.
• → Meduno.

Meduna
io.
PN
et aqua Meduna in Liquentiam (996), usque ad flumen Medune (1029).
•• Idronimo preromano. Secondo C. Marcato, Meduna «può esser derivato dal nome di una fondazione celtica *Maidunum, cioè *Magodunum, ‘grossa rocca’ o simili, composto con dunos, latinizzato in dunum» [gall. latz. dūnum ‘fortezza’, ‘collina’, dal gall. *dūnon, per il quale vd. Duno (VA)]. O anche «dal celtico *medhu- ‘medio, che sta in mezzo’ [per H. Krahe, dalla radice ie. *medh- ‘mediano’, ‘che si trova in mezzo’], che si ritrova ad esempio in Meduana flumen, l’attuale Mayenne, con morfema derivativo (cfr. Pellegrini 1969, 269)».
Per C. C. Desinan invece, l’idron. va ricondotto a una forma medioduna ‘in mezzo ai monti’, con dunum significante ‘altura’.
Tutto sommato, parrebbe ammissibile un etimo *Magi-dūnum, *Magi-dūnon ‘grande fortezza’, che però sembra più adatto per un centro abitato che nell’antichità aveva una certa importanza, che non per un fiume (e qui, in realtà, risulterebbe poco convincente un’ipotesi di derivazione di Meduna dal poleon. Meduno).
Ma X. Delamarre associa piuttosto Meduna alla voce gall. medu ‘idromele’, ‘ebbrezza’, dalla quale dipenderebbero sia il teonimo gall. Meduna (‘dea Idromele o Ebbrezza’) sia l’idron. a. Meduana, attuale La Mayenne; vd. l’idron. Medoacus (Veneto).
Non può inoltre esser scartata l’ipotesi che questi e altri nomi in Medu- derivino – almeno in parte – dalla radice ie. *med- ‘moderare, misurare’ (cfr. l’a. irl. mid- ‘giudicare, stimare’).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1987): 381-2; G. B. Pellegrini (1990b): 369; C. C. Desinan (2001): 44; J. Lacroix (2005): 243; J. Lacroix (2007): 231-2; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 212-3, 221-2; X. Delamarre (2012): 186-7, 196.

Meduno
po.
PN
Medunum castrum, de Medun (1136), de Miduna (1140), de Midhuna (1146), castellum de Meduno (1184).
•• Di origine prelat., s’è congetturato derivi da un composto *Medio-dunum, *Medio-dūnon ‘fortezza di mezzo’, oppure da *Mago-dunum [*Magi-dūnum] ‘grande oppidum’ (vd. Duno, VA). È verosimilmente in relazione con l’idron. Meduna. Da non escludersi un a. *Medunon ‘proprietà di Medunā’ (divinità).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1987): 381-2.

Miélis, Miéli
po.
Comeglians, UD
Friul. Miéli.
villa de Mili (1422), villa de Mielj (1525).
• G. Frau ipotizza una derivazione dal lat. medicus ‘medico’, con -d- > -l-. Secondo C. C. Desinan Mielis risalirebbe invece a mello ‘altura’ (si trova «ai piedi di un’altura»).
*mellum, *mello ‘colle, collina’ è voce prelat., celt. o precelt.; cfr. l’a. irl. mell ‘rotondità’ > ‘colle’ (< *mel-no-) e il br. mell ‘pallone’.
G. A. Pirona (1988): 1493; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 46; J. Vendryes (1959-), s. vv. mell, mul.

Moccò
po.
San Dorligo della Valle, TS
Castello della Val Rosandra.
Mucho, Mocho (dal XIII sec., vd. "http://digilander.libero.it/Trieste.Storia/castle.index.html").
• Secondo M. Doria, dall’«antroponimo celtizzante» Muccō.
Risalgono al gall. mocco- (e probabilmente muco-, mucc-) ‘porco, cinghiale’, NNP quali Moccus (anche epiteto di Mercurio), Moccius, Moco, Mocus, Muccus, Muccianilla; cfr. l’a. irl. mucc ‘porco’.
F. Crevatin (1991): 104; J. Lacroix (2007): 119-20; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 227.

Moncolano
oo.
Contovello, Trieste
«Colle [e castello] immediatamente a nord di Trieste», menzionato in un documento del 1070.
castrum Montiscollani (1308), Moncolanum (1318-19).
• Secondo F. Crevatin, da un mons Catalanus (Doria), dall’etn. Catali, «nome di tribù celtica situata nelle vicinanze di Trieste»: a Pola ad Tergestis regionem Fecusses, Subocrini, Catali, Menoncaleni (Plinio, N. H., III, 133). Anche l’oronimo Taiano [Slavnik, in Slovenia] rifletterebbe l’etn. Catali: si tratterebbe di una «deformazione cartografica di un dotto ‘monte Ca-talano’» (Doria).
Catali può esser confrontato con i NNP di origine celt. Catal(os), Catalus (e Catacus), ricondotti da X. Delamarre a una base gall. *cata-, per catu- ‘battaglia’ oppure canto- ‘cento’; pertanto risalirebbe a un tema *catalo- variante di *catulo- ‘combattente’ (cfr. il NP Camalus var. di Camulus), o a un tema *cātalo-, da *cantalo- < canto-.
Moncolano tuttavia pare richiamare l’etn. dei Menoncaleni, Menocaleni, forse un composto originariamente costituito dai temi mēno- ‘dolce, gentile’ e *cal-eno-; cfr. i NNP Calenus, Calenius (dalla radice ie. *kal- ‘duro’ o *kal- ‘bello, sano’?).
"http://217.12.180.10/catalogazione/search/SchedaDetail.aspx?TSK=SI&ID=77"; F. Crevatin (1991): 64, 66; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 110-1, 104, 226-7, 98; J. Pokorny (2005): 523-4.

Montasio
io.
UD
Rio.
• → Montasio, Jôf di.

Montasio, Jôf di
oo.
UD
Monte. Friul. Jôf del Montâs.
Moltascium (1072), montem de Moltaso (1259), ad montem Moltasii (1289).
• Costituito dal friulano jôf ‘giogo’ e ‘cima di monte’, e Montasio, nome «di origine oscura», forse connesso con una base prelat. *mol-, *mal- ‘monte’ (G. Frau).
Montasio potrebbe però dipendere dal gall. molto-, molton- ‘montone, ariete’; cfr. i NNP Moltus e Moltelius, il teonimo Moltinus, l’a. irl. molt ‘montone, ariete’.
C. Marcato (1990); G. A. Pirona (1988): 1485; G. Frau (1978); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 227.

Natisone
io.
UD
Νατίσωνα ποταμόν (Natísōna potamón) (Strabone, V, 1, 8), Natiso (Plinio, N. H., III, 126), Νατίσωνος ποταμοῦ (Natísōnos potamoû) (Tolomeo, III, 1, 22), Natissa amnis (Giordane, Get., 42; «metaplasmo in -a»), ad pontem Natisonis fluminis (Paolo Diacono, V, 23); aquam nomine Natissam (900).
•• Da confrontarsi col latino natare ‘nuotare, galleggiare’ (ma «anche ‘scorrere’ e simili», secondo C. Marcato).
X. Delamarre pensa a una possibile origine celtica: un antico *Nātisū, dalla radice ie. *(s)nā- ‘nuotare’.
A. Falileyev suggerisce un etimo da *ĝnō-to- ‘conosciuto’ (cfr. l’a. irl. gnáth ‘abituale, usuale, familiare’, e il cimr. gnawt ‘ben conosciuto, usuale’), «con g > 0 come in gnata > nata» [cfr. nata uimpi ‘figlia graziosa’, su fusaiolo]. Tale interpretazione tuttavia gli risulta esser priva di «sicuri paralleli».
Sul tema Natison-, però, A. L. Prosdocimi nota: «per la morfologia -(i)s- si affianca a Togison(us) e si qualifica come venetico».
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); X. Delamarre (2012): 204; A. Falileyev (2007), s. v. Natiso fl.; A. L. Prosdocimi (1988): 394; X. Delamarre (2008): 180-1; A. L. Prosdocimi (1988): 394.

Nimes
po.
Raveo, UD
• → Nimis.
C. C. Desinan (2001): 46.

Nimis
po.
UD
Nemas castrum (Paolo Diacono, IV, 37), Nemas (attorno al 1000), Rodopertus de Nimes (1170), Erluinus de Nimecz (1210), Harluinus de Nemis (1234), Plebs de Nimis (1247).
•• Secondo G. B. Pellegrini, risalirebbe a un termine di origine preromana, «verosimilmente gallico», significante ‘recinto’, ‘santuario’. Tale voce, attestata nella forma Nemas che rappresenta forse un plurale in -as, dipenderebbe da una base *nem-, *nema col valore di ‘recinto’, ‘santuario’, ‘bosco sacro’, e confrontabile con il lat. nemus ‘bosco sacro’ (C. Marcato).
Alla base di Nemas si può riconoscere piuttosto un tema nemo(s)- ‘cielo’ (cui si possono associare i significati di ‘celeste’, ‘santo’, ‘sacro’), riconducibile alla radice ie. *nem- ‘curvare’ («il cielo essendo concepito come una volta»), o forse connesso con la voce ie. *nebhes- ‘nube’; cfr. l’a. irl., a. br. nem ‘cielo’, il teonimo Nemesis (*Nemos-), i NNP Nemesii, Nemesius, Nemesia, Nimo, Nemonius, e può darsi il teonimo e toponimo Nemausus, Nemausum (*Nemauson ‘proprietà di Nemausos’, forse un originario *Namauson, derivato da una radice *nam- ‘?’), attuale Nîmes (Francia), e l’antroponimo Nemuśus della stele di Zignago (SP). Stando a J. Rasmussen, anche il gall. nemeto- ‘santuario’ potrebbe esser rapportato a nem-os- ‘cielo’.
Per J. B. Trumper, M. T. Vigolo Nimis deriverebbe da *nemeto- ‘bosco sacro’, ‘tempio’.
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); A. L. Prosdocimi (1988): 405; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 225; P. Piana Agostinetti, A. Morandi (2004): 697; J. Lacroix (2007): 74-5, 137, 211; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 232-3; X. Delamarre (2012): 205.